Biorisk: visioni da una cascina bresciana

22

biorisk

Un riff nato per caso, un’urgenza diventata suono, e poi parole che sanno di cemento, sangue e simboli. I Biorisk sono l’esempio vivente di come si possa restare fedeli a un’identità anche attraversando trasformazioni profonde. “Fuori dai margini” non è solo un titolo: è la posizione da cui guardano il mondo, da cui parlano. Dentro ci sono guerre e sogni, dipendenze affettive e sparatorie scolastiche, groove ipnotici e ballad viscerali. Tutto, però, converge in un solo punto: il bisogno di dire qualcosa che resti.

“Fuori Dai Margini” è una dichiarazione d’intenti. Cosa significa per voi stare “fuori” dai margini, oggi, sia musicalmente che umanamente?

Per noi fuori dai margini è uno stile di vita, un modo di approcciarci alla realtà, significa abbattere le pareti della mente ai preconcetti, e a tutto ciò che possa ledere alla libertà dell’uomo

Il vostro suono sembra un continuo equilibrio tra caos e controllo. Come trovate questo bilanciamento in fase di produzione e scrittura?

Ci riesce naturale. Senza guardarci c’è intesa e le parti si incastrano senza difficoltà. A volte dobbiamo “sfoltire” perché le idee sono sempre tante

Che ruolo ha la spiritualità — o la trascendenza — nella vostra musica, anche solo come tensione verso qualcosa che va oltre il quotidiano?

Per noi la musica ha un collegamento diretto alla nostra intimità più profonda e al senso di realizzazione, che si potrebbe assimilare a Dio.

Quanto vi interessa che il vostro messaggio venga “capito” letteralmente dal pubblico, e quanto invece vi affascina l’idea che ognuno trovi il proprio significato nei vostri testi?

Ognuno è libero di trovare il senso che più gli appartiene, a noi interessa accompagnare l’ascoltatore verso mondi ignoti, stupire, incantare…