Covid, Ricciardi: “No lockdown a Milano e Napoli nel 2020 mio più grande rammarico”

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walter ricciardi tv2000NAPOLI – “Non essere riuscito a far fare il lockdown a Milano e a Napoli durante la seconda ondata” di Covid-19 in Italia è il rammarico “più grande” di Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza per l’emergenza coronavirus, che in un’intervista a ‘Il Mattino’ fa un bilancio della gestione della pandemia in Italia, all’indomani dell’uscita del Paese dallo stato di emergenza. Pensando a quell’ottobre 2020, il docente di Igiene all’università Cattolica imputa la mancata chiusura alla “strenua contrarietà dei sindaci (Sala e de Magistris) che scrissero al ministro. In realtà avremmo evitato la seconda ondata, bloccato la trasmissione dei contagi e limitato la terza ondata che hanno coinvolto tutte le regioni italiane provocando 70mila morti. Venni attaccato da tutti, mentre ci avevo visto giusto”, rivendica.

Anche oggi, nel primo giorno di una fase nuova, la linea suggerita da Ricciardi è quella della cautela: “Termina l’emergenza sul piano giuridico e si torna all’ordinaria amministrazione, ma non è finito l’allarme sanitario – avverte – Bisogna mantenere le misure che abbiamo attuato finora, la vaccinazione in primis, il Green pass, le mascherine, le distanze di sicurezza, la prudenza nei viaggi”. E poi, “per sconfiggere definitivamente il virus, dobbiamo vaccinare il mondo. Ci sono milioni di persone non vaccinate che consentono la massima circolazione del virus”.

Nel ricordo di Riccardi, il momento più critico vissuto sono stati primi giorni, quelli “tra fine febbraio e inizio marzo del 2020”, quando “da parte mia e del ministro c’era la necessità di far capire a tutti la gravità e la pericolosità della situazione. Per fortuna – sottolinea – l’Italia ha avuto un ministro che ha immediatamente capito il rischio che stavamo correndo e che ha agito di conseguenza. Il binomio tra scienza e politica qui in Italia ha funzionato bene sin dall’inizio”. La difficoltà maggiore è stata “convincere chi invitava ad andare avanti come se nulla fosse, far capire a sindaci e presidenti di Regione che le zone rosse non si potevano evitare e che anzi bisognava cercare di anticipare le mosse del virus, anziché inseguirlo”. In generale, “è stato difficile convincere tutti gli scettici che le misure restrittive erano assolutamente necessarie, così come chiudere completamente in pochi giorni un paese di 60 milioni di abitanti”.

All’interno del Comitato tecnico scientifico, “i primi mesi – racconta Ricciardi – sono stati intensissimi per riunioni, confronti, accordi per suggerire una linea sui piano delle decisioni politiche. Lavoravamo a stretto contatto con la Protezione civile. Si trattava di prendere decisioni drammatiche come il lockdown”. C’erano pressioni? “Su media e social media si leggeva di tutto e il contrario di tutto – risponde il consigliere di Speranza – Ma la cosa fondamentale è aver mantenuto una linea di assoluto rigore. Le decisioni venivano prese tutte sulla base delle evidenze scientifiche. Usa e Gran Bretagna, ma anche inizialmente la Francia, si sono regolate diversamente, salvo poi correggere il tiro”.

Sul momento più bello l’esperto non ha dubbi: è stato “l’arrivo dei vaccini, il V-Day del 27 dicembre del 2020”, perché “avere a disposizione in pochi mesi vaccini efficaci non era un risultato scontato”. Che i vaccini abbiano cambiato la storia della pandemia “è stato evidente sin dai primi mesi successivi alle inoculazioni. Senza – assicura Ricciardi – avremmo pagato un tributo enorme”. Ma qual è stata la differenza tra la prima Sars del 2004, la Mers del 2013 e il Covid attuale? “Quelle infezioni avevano una più elevata mortalità, ma si trasmettevano solo tra sintomatici – precisa l’igienista – e dunque furono facilmente arginate”. Mai avuto paura di ammalarsi? “Ho sempre fatto tutto il possibile per non contagiarmi – replica Ricciardi – Non mi è pesato fare i vaccini, indossare la mascherina. La contagiosità di questo virus dà sempre un po’ di timore”.