Disagio giovanile in continua crescita, Lucattini: “Aumentano problemi d’ansia e depressione”

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ROMA – Il disagio giovanile è in continua crescita in Italia e nel mondo. Si parla di 89 milioni di ragazzi e 77 milioni di ragazze tra i 10 e i 19 anni (Rapporto UNICEF), che in questi ultimi anni, per le limitazioni riguardanti le relazioni sociali a causa della pandemia da Covid-19, vivono e hanno vissuto un disorientamento emotivo o un disagio psichico.

“Negli adolescenti, i disturbi più frequenti sono gli attacchi di panico, ansia, disturbi del sonno, depressione, episodi di rabbia esplosiva”, spiega la psicoanalista Adelia Lucattini, Membro Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana. “Si registra inoltre, un aumento dell’emicrania come equivalente depressivo, da differenziare dall’emicrania primaria che è costituzionale”. In Italia, secondo l’indagine commissionata dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP\2021), i 5.621 psicologi presi in esame riportano un incremento del 31% dei pazienti in terapia con meno di 18 anni. Tra loro, 1 su 2 vive un disagio psicologico e 1 su 10 manifesta un disturbo mentale.

“Nel contesto attuale, si rileva un aumento delle difficoltà scolastiche”, prosegue Adelia Lucattini. “Per questo, non stupisce leggere notizie come quella del liceo di Milano, dove si è assistito a un elevato numero di ragazzi che hanno cambiato scuola o addirittura abbandonato gli studi. I giovani dopo la pandemia hanno vissuto con grande timore che la guerra in Ucraina potesse estendersi in Europa. Inoltre, le difficoltà economiche del paese che si sono riversate sulle famiglie, hanno creato notevoli preoccupazioni per la perdita della possibilità di studiare e di opportunità lavorative. Ne consegue una maggiore paura per il futuro e l’idea di dover lasciare la propria città o la propria nazione, per cercare prospettive migliori altrove”.

“Bisogna capire quando è il momento di chiedere aiuto ad uno specialista”, conclude Adelia Lucattini, “per sconfiggere la rabbia, vincere l’isolamento, superare il rapporto patologico con il cibo, affrontare la sempre più diffusa ansia da prestazione”.