Esce “Che poi”, il nuovo EP di Simone Fornasari: l’intervista

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simone fornasari

“La capacità di saper scegliere per se stessi è una delle sfide più incredibili dell’uomo, nonché tema centrale di questo disco saper scegliere è un atto di coraggio quotidiano”

È uscito venerdì 9 aprile “Che poi” (edito da Senza Dubbi e distribuito da Believe), il nuovo EP del cantautore Simone Fornasari, disponibile su tutte le piattaforme digitali. Un progetto che nasce dall’esigenza di chiudere un percorso iniziato con l’uscita dell’album dal titolo “…”. Un EP che completa un viaggio, accomunato dallo stesso fil rouge valoriale, figlio del medesimo universo creativo. Un lavoro, frutto di un tempo di silenzio e ricerca, pensato, voluto e concepito a quattro mani insieme al produttore artistico e amico di sempre Giancarlo Boselli.

Simone Fornasari ci ha gentilmente concesso un’intervista.

“Che poi” è il tuo nuovo EP, come si compone?

Un progetto che nasce dall’esigenza di chiudere un percorso iniziato con l’uscita dell’ultimo album dal titolo “…”. Un ep che completa un viaggio, accomunato dallo stesso fil rouge valoriale, figlio del medesimo universo creativo. Sono cinque le canzoni racchiuse in questo progetto e ognuna di esse ha uno spazio ben definito dentro questo mondo. Un disco acustico e intimo che richiama il cantautorato che, facendomi innamorare, mi ha permesso di vivere la musica in questa dimensione.

Cosa vuoi comunicare con questo lavoro?

“Che poi” parla di scelte, della tentazione di inseguire la fretta e di rincorrere il tempo, della necessità di fermarsi a pensare, di costringersi a fare i conti con sé stessi, anche se il mondo là fuori corre. Credo che la capacità di saper scegliere per se stessi sia una delle sfide più incredibili dell’uomo, nonché il tema centrale di questo disco. Saper scegliere è un atto di coraggio quotidiano. Spesso scegliamo per la scelta di essere compresi, accettati, capiti, più che per la necessità di essere fedeli a noi stessi. Come ogni lavoro che esce da questa stanza la priorità numero uno è sicuramente la condivisione e la consolazione: scrivere è lo strumento che più rappresenta la mia intima fragilità. Attraverso la musica comunico quello che non riuscirei a dire nemmeno all’amico più caro e sapere che queste canzoni posso “arrivare” a qualcuno mi fa sentire meno solo.

In radio c’è il singolo “Con i piedi per terra”, come si caratterizza?

È una canzone che parla della necessità incosciente di sognare, volare alto e inseguire i desideri invincibili, e invita a farlo con la consapevolezza di chi sa dove atterrare nella realtà, affondando le radici nella concretezza di un mondo fatto di responsabilità. Mettiamola così…è la coscienza che abbraccia il desiderio. Sognare è necessario, a qualsiasi età: rinunciare ai propri sogni ci potrebbe costringere ad inseguire quelli di qualcun altro!

Come ti sei avvicinato al mondo della musica?

Avevo 12 anni ed ero “costretto” in casa con la rosolia: mi regalarono una chitarra usata e con un manuale di accordi ho iniziato a strimpellare. Sono cresciuto con la musica che ascoltavano i miei genitori: ricordo ancora le cassette di De Gregori, Battisti, Venditti e Morandi…quel mangianastri mi faceva compagnia e trasportava in un mondo “leggero”. Credo sia nato tutto da lì.