ROMA – In questi giorni EuroStat ha rilasciato le statistiche relative ai decessi 2015 analizzate secondo i criteri della mortalità evitabile. La stampa nazionale si è soffermata quasi esclusivamente sulla quota di decessi evitabili grazie alle risorse mediche e tecnologiche attualmente disponibili (per l’Italia è quantificata in circa 52.000 decessi l’anno), omettendo che EuroStat nel medesimo studio stima in quasi 90.000 le morti dovute a mancata prevenzione primaria.
I due numeri non vanno sommati, come spiega chiaramente EuroStat nella sua pubblicazione, perché parte delle cause di morte sono considerate evitabili in entrambe le statistiche; tuttavia, per l’anno 2015 hanno complessivamente dato luogo – come diffuso a gennaio dal Rapporto MEV(i) – a circa 105.000 morti evitabili prima dei 75 anni di età.
Natalia Buzzi, responsabile del centro studi Nebo, curatore del Rapporto MEV(i), sostiene che «è importante dare notizia anche della statistica EuroStat sui morti dovuti a carenza di prevenzione primaria, vale a dire quelli causati da scorretta alimentazione, tabagismo, abuso di alcol: se insistere sui decessi trattabili è di fondamentale importanza per sollecitare il miglior utilizzo delle attuali conoscenze e risorse, è altrettanto vero che dare la massima evidenza anche alla parte di mortalità prevenibile con più attenti stili di vita è determinante per informare e educare i cittadini e renderli più consapevoli di come gestire al meglio la propria salute laddove questa dipende anche e soprattutto da scelte private».
L’analisi per l’Italia condotta da MEV(i) è stata armonizzata con quella EuroStat già dal 2016 e misura il fenomeno della mortalità evitabile sul territorio nazionale, per genere, quantificando di quanto si sarebbe potuto abbassare il numero di decessi tramite interventi di prevenzione primaria, di diagnosi precoce e terapia e di altra assistenza sanitaria. I risultati dei Rapporti e degli Speciali MEV(i) sono disponibili su www.mortalitaevitabile.it: così come EuroStat dà conto delle differenze fra i diversi Paesi dell’Unione, MEV(i) evidenzia la difformità di questo importante indicatore fra le province italiane.