Felice della vita con Blu

218

angioletto

Un piccolo angelo vorrebbe essere più considerato da Lassù, possedere un aspetto imponente e fare gesta memorabili… Ma é necessario mostrare ai Superiori di essere un buon angelo custode. L’occasione si presenta nella forma di due anziani bisognosi; con loro l’angioletto si mostrerà al meglio e li salverà da una sofferenza antica… Di seguito il nuovo racconto di Alice Brunner.

Tra le nuvole basse, quelle a ricamo di fumo che nessuno nota poiché sono insignificanti e banali, trovano riparo gli angeli più piccoli e chiari.

Si tratta di creature celesti quasi trasparenti, con la testina riccia e le alucce curve dorate. Certo, niente a che vedere con gli angeli superiori e gli Arcangeli: questi sono potenti, col viso d’oro, ali grandi come alberi, con lance di fuoco e voce melodiosa!

Gli angioletti chiari sono predisposti a vigilare le culle dei neonati, e niente di più.

Non hanno nessun potere.

Ma un bel giorno un angelo piccolo di ultima categoria, mentre su un cirro pensava e ripensava come poter saltare di classe per ottenere il viso d’oro e le ali di polvere diamantina, si vide sorvolare dall’Arcangelo Uriele e… ma gli avesse donato anche solo uno sguardo, quel Dominatore! Anzi, lo spostamento d’ aria causato dalle ali gigantesche fece rotolare l’angioletto minuscolo dal cirro fino al cumulo sotto.

“Eh no basta! Sono stufo: che superbia che umiliazione!” gridò il piccolino verso l’imponente figura ormai all’orizzonte.

Sarebbe stata l’ ultima volta che qualche spirito superiore gli avrebbe fatto uno sgarbo simile. Infatti l’ angioletto, mortificato, punto’ dritto verso terra.

Si sarebbe riscattato, compiendo gesta eclatanti in aiuto agli umani.

Eh sì, glielo avrebbero dovuti concedere – allora – dall’ Alto, un viso d’oro ed ali grandi come alberi.

Il cielo è una cosa semplice, la terra invece è molto complicata.

Infatti l’angioletto si trovò spaesato e confuso dopo essere atterrato ai margini di una metropoli. Non era abituato a camminare con i piedi minuscoli che si ritrovava, ed il sentiero era accidentato.

Cercò rifugio presso una casetta di legno vicino ad una fattoria.

Nell’avvicinarsi inciampò in un oggetto che non conosceva: un vasetto di vernice, vicino ad un cancello. E la vernice – di un bel colore blu quasi fosforescente – nell’urto si rovesciò sull’angioletto. Che diventò completamente blu.

Il piccolo cercò di scuotere il colore da sé, ma nel frattempo una figura si stava avvicinando al barattolo rovesciato. Era un anziano signore, col cappello e spessi occhiali da vista.

“Maggie Maggie! Vieni qui, ho trovato un cardellino, un cardellino blu!”

Una vecchina lo raggiunse a stento, appoggiandosi alla staccionata.

“Davvero, che strano. Un cardellino di questo colore. Via via, Filli, portalo in casa, sarà affamato e spaventato”.

Insomma quella coppia di anziani, malati e quasi ciechi, lo accudirono con molta dolcezza: lo chiamarono Blu, gli apprestarono una gabbietta aperta con semi di cardo e ciotolina dell’acqua, cacciarono il gatto in soffitta, ed iniziarono a coccolarlo in ogni dove. Un nuovo piccolo amico.

Peccato che Blu non fosse un cardellino, non mangiasse semi di cardo ma solo fiocchi di neve e polvere di stelle, e soprattutto non cantasse e fischiasse come un uccello. In cielo solo gli angeli superiori potevano cantare di fronte ai Troni e Dominazioni.

Però, dato che una grande opera di misericordia avrebbe passato di categoria Blu, questi si rassegnò al ménage dei due vecchietti.

Ogni giorno aiutava la coppia ipovedente alle piccole mansioni di casa: fischiettava se lui o lei incontravano ostacoli o scale, mostrava dove fossero caduti gli oggetti, insomma era diventato un ottimo animale da compagnia.

Così perlomeno pensavano Maggie e Filli: “E proprio un buon amico questo cardellino addomesticato! Peccato che Blu non sappia cantare!”.

Passavano i giorni, e poi i mesi.

Blu capiva che senza un’ azione clamorosa, da Lassù non sarebbe mai arrivata l’agognata promozione.

Doveva inventarsi qualcosa.

Tutte le sere, quando il crepuscolo appena appena schizzava l’ora del tramonto per avvertire della notte, i due vecchi si sedevano tristi di fronte alla veranda.

E tutte le sere, il vecchio Filli batteva due volte con la mano una pagina aperta della rubrica telefonica, sussurrando:

“Domani telefono a mio figlio, e gli chiedo scusa. Quando arriva mi inginocchierò davanti a lui e gli chiederò perdono”.

E tutte le sere la moglie rispondeva:

“Sì, domani gli telefoniamo”.

Tenevano sempre la pagina delle rubrica aperta accanto al telefono.

Siccome questa specie di cerimonia veniva ripetuta di continuo, e nessuno telefonava, Blu penso’ che fosse strano.

Non osava avvicinarsi alla rubrica, e nemmeno al vecchio telefono fisso di casa – uno di quegli apparecchi ancora col filo e i grossi tasti a pressione.

Comunque, passa oggi passa domani Filli a picchiare la pagina dei numeri e dire ah bisogna telefonare a nostro figlio… insomma fatelo no?

E in men che non si dica: Blu era incapace sì di cantare, ma a parlare la lingua umana non aveva certo problemi.

Una sera il crepuscolo aveva già schizzato la notte, e le ombre erano calate anche sul foglio aperto e sul telefono.

Blu con molta fatica alzò la cornetta, e con i piedini compose ad uno ad uno i numeri del cellulare che avevano accanto la scritta FIGLIO.

Rispose una voce giovane:

“Hello?”

“Ehm sì figlio mio? Vieni da noi?”

“Papà??? Ma dove sei? Mi hai chiamato finalmente…”

Blu era riuscito a riprodurre una voce grossa, ma quando dall’altro capo del filo sentì che il giovane si era messo a piangere, ebbe solamente il coraggio di aggiungere:

“Vieni da noi!” e buttò giù la cornetta, un peso insopportabile.

Suonarono alla porta che era notte fonda.

Il vecchio Filli barcollando, tenendo per mano Maggie fece appena in tempo a chiedere “chi è a quest’ora” che Blu si era già preparato con il fermaporta. Con un balzo l’angioletto liberò la catenella e fece scattare la serratura.

Come se fosse un’ apparizione nell’ atrio si presentò un ragazzo con la mano sulla bocca, in preda all’emozione: “Mamma, papà!..”

I due anziani s’ appoggiarono al un tavolo, e Filli tremando accennò ad abbassarsi:

“Figlio mio, io mi ing..” ma prima che il vecchio si muovesse, il giovane si era già precipitato a sorreggerlo:

“Ma cosa fai, papà? Tu devi solo abbracciarmi. Anche tu mamma!”

Il gruppetto non si mosse per un po’, stretto nell’ abbraccio.

Blu scosse le ali pieno di felicità: sentì di aver fatto la cosa giusta.

All’ improvviso fuori si aprirono le volte celesti.

Blu sapeva che le volte celesti si aprivano solo per l’ arrivo di un Arcangelo sulla terra. Allora volò fuori dal cortile ed attese la venuta.

Dopo pochi istanti si manifestò l’ Arcangelo Uriele, insolitamente sorridente:

“Bravo, Blu. Ti chiamo anch’ io così visto come sei ridotto. Ma sei stato bravo. Questa volta meriti un premio”.

“Allora passo di categoria? Avrò anche io il viso d’oro, e le ali lunghe e il corpo ricoperto di polvere diamantina? E la lancia di fuoco?”.

Uriele continuò a sorridere quando toccò con la propria lancia il piccolo angelo.

Solo un bagliore, e Blu si trasformò in un bellissimo grande angelo di luce.

Controllo’ dal riflesso della Luna e.. sì aveva il viso d’oro! In preda alla frenesia voltò lo sguardo verso la casa della famigliola che lo aveva ospitato come ‘cardellino’.

“E loro, Uriele? Non voglio abbandonarli…”

“Andiamo, non hanno più bisogno di noi”.

Quindi ripresero il volo in alto, verso lo spazio profondo.

Per la prima volta quello che era stato Blu si sentì grande come l’Universo che attraversava; e la ventata delle sue nuove ampie ali spinse dei piccoli angioletti dai cirri verso il basso, sui cumuli vicini alla terra.