I cerchi grafici di Sandro Trincanato per sottolineare le magnetiche ed energetiche connessioni tra realtà e individuo

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inaina wau ia oe

Per alcuni artisti la necessità di sintonizzarsi sulle vibrazioni più alte di tutto ciò che li circonda, spingendoli a porsi in posizione di ascolto nei confronti delle energie sottili in grado di costituire un universo parallelo a quello più pragmatico, si traduce in stili per lo più astratti o informali, attraverso i quali riescono a rappresentare l’inspiegabile, tutto ciò che razionalmente non sarebbe neanche percepibile. Il modo di raccontare queste energie si modifica sulla base della singola indole espressiva di ciascun autore, armonizzandosi con la sensibilità ma anche con lo stile più conforme a un istinto che non può che manifestarsi in maniera assolutamente personale. Il protagonista di oggi si sintonizza su quelle sensazioni che non trovano sostegno con la logica ma che riescono a concretizzarsi nell’irrazionale mondo artistico in cui lascia l’impulso creativo libero di trovare il proprio canale espressivo.

La nascita dell’Arte Astratta, nei primi decenni del Novecento, mise in evidenza la necessità generata dagli eventi circostanti, in particolar modo i venti di guerra legati al primo conflitto mondiale, di distaccarsi dall’osservato, unita a un’indole esplorativa da parte dei maestri dell’epoca che li spinse a elaborare linguaggi pittorici innovativi volti a sovvertire l’ordine precedente costituito dalle rigide regole accademiche e fortemente legate alla figurazione dell’arte tradizionale. Di fatto l’astrazione non fu che un’evoluzione di quei principi di scomposizione dell’immagine iniziati con l’Impressionismo e il Puntinismo, poi estremizzati fino a rinunciare completamente al contatto con il tangibile per spostarsi verso una dimensione in cui l’arte potesse essere considerata oltre, al di sopra della riproduzione del visibile, perfetta e completa già nell’atto plastico della creazione. Vassily Kandinsky, considerato il fondatore dell’Astrattismo, tese verso una connessione con il mondo interiore al punto di dipingere accompagnato dalla musica di Richard Wagner per enfatizzare le sue forme circolari e geometriche e raccontarle come se si muovessero sulla tela al ritmo delle note. Parallelamente anche alcuni esponenti cubisti scelsero di allontanarsi dalla realtà in modo definitivo trasformando la frammentazione dell’immagine in interpretazione astratta delle forme geometriche, in cui le linee tondeggianti erano predominanti; questa evoluzione prese il nome di Cubismo Orfico ed ebbe in Robert e Sonia Delaunay gli ideatori e massimi esponenti. Laddove Kandinsky appariva etereo, leggero nella manifestazione del suo Astrattismo Lirico, generando forme suggestive e magnetiche proprio per la loro inconsistenza e gli echi evocati dai confini mai netti, di contro i Delaunay rispettarono l’approccio bidimensionale del Cubismo reinterpretandolo attraverso l’uso pieno dei colori scomposti che attraverso la loro interazione e il dialogo tra tonalità differenti ricordavano a loro volta il movimento delle note musicali, facendo guadagnare al movimento l’appellativo di Orfico in citazione a Orfeo, il musico della mitologia greca. Anche Joan Mirò, volle abbandonare le linee guida tradizionali del Surrealismo, movimento a cui apparteneva, per spostarsi verso un Astrattismo in cui le figure geometriche e i segni sembravano danzare sulla tela allo stesso modo di quelle di Kandinsky, fino a spostarsi poi verso linee essenziali e di una semplicità fanciullesca, confermando ancora una volta la necessità per l’arte di restare legata alle sensazioni dell’esecutore. Ciò che fu evidente nel caso di questi grandi artisti, fu la connessione tra la parte emozionale stimolata dall’ascolto della musica e l’atto pittorico, diversamente da tutti i coevi movimenti astrattisti come il De Stijl, l’Astrattismo Geometrico e il Suprematismo che invece affermavano la necessità dell’allontanamento nell’arte di ogni sensazione e soggettivismo dell’esecutore dell’opera. L’artista altoatesino Sandro Trincanato, in arte Sasà, formatosi da autodidatta, sceglie in modo spontaneo il linguaggio dell’Astrattismo Lirico vicino a Vassily Kandinsky personalizzandolo secondo il suo ritmo interiore, e soprattutto approfondisce il contatto con l’essenza, con l’anima che diviene il faro guida per un’espressività non condizionata da regole e nozioni accademiche bensì capace di lasciar fuoriuscire in modo immediato tutto ciò che percepisce, vede e intuisce intorno a sé.

punti di vista
1 Punti di vista-acrilico e pennarelli su tela, 50x60cm

La forma circolare diviene in lui essenziale per sottolineare la magia magnetica che appartiene alla realtà, che connette gli individui a un livello più alto rispetto a quello apparente, come se quei cerchi concentrici oppure vicini e a volte sovrapposti, determinassero un’eco percettivo che non può fare a meno di propagarsi tutt’intorno;

giochi nell'acqua
2 Giochi nell’acqua-acrilico e pennarelli su tela, 80x40cm

gli sfondi scuri fanno da base per la luminosità quasi elettrica del segno grafico dei pennarelli che definiscono e al tempo stesso snelliscono la consistenza delle figure proprio perché spesso tutto ciò che accade e le energie sottili che porta con sé non possono essere visibili a chiunque, hanno bisogno di un tipo di ascolto più sensibile, più consapevole dell’insostenibile leggerezza che appartiene alla spiritualità.

kala pauole
3 Kala pauolè-acrilico e pennarelli su tela, 80x60cm

Infatti Sandro Trincanato intitola alcune opere in hawaiano, poiché l’arcipelago del Pacifico è da sempre terra di forte connessione energetica tra anima e materia, tra realtà e ciò che dentro di essa si nasconde, tra consapevolezza dei limiti e certezza di poterli superare proprio guardando dentro un sé più forte, più predisposto a prestare attenzione alle energie circostanti come portatrici di un messaggio universale.

na mana o pili
4 Na mana o’ pili-acrilico e pennarelli su tela, 60x50cm

L’opera Na mana o pili (Il potere della connessione) è fortemente legata a questo concetto, a quei collegamenti che si generano tra persone che appartengono alla stessa sfera esistenziale e che in qualche modo vivono con la loro singolarità nello stesso spazio vitale; le differenti tonalità cromatiche, forme e grandezze con cui Sasà definisce i suoi cerchi sono funzionali a rappresentare quante siano le sfaccettature dell’umanità, quanto tutto sia in qualche modo collegato e non sia possibile isolarsi completamente dal mondo circostante. In qualche modo lo sfondo nero esalta le differenze, le unicità che definiscono ogni personalità e che interagiscono con le altre, comunicano, convivono, arricchendosi inconsapevolmente grazie all’intreccio delle reciproche energie. L’utilizzo dei pennarelli in quest’opera è particolarmente evidente quanto essenziale, poiché le linee dei cerchi sono nette e definite per enfatizzare il concetto dell’unicità.

mau mea huna
5 Mau mea huna-acrilico e pennarello su tela, 80x40cm

In Mau mea huna (Sempre nascosto), l’artista esplora invece la tendenza tutta contemporanea a nascondere la propria vera sostanza, indossando maschere che vanno a proteggere un’interiorità che spesso si ha paura di rivelare, oppure che permettono ad alcuni di mostrarsi migliori di come sono in realtà; dunque i circoli trasparenti e delimitati solo nel perimetro si sovrappongono alle sfere piene e più consistenti lasciando l’osservatore a meditare su quali siano quelle che nascondono e quelle che si celano. Eppure attraverso una consapevolezza più alta sarebbe possibile lasciar coesistere le due parti di sé, quella esterna e quella interna, solo erroneamente considerata fragile, perché attraverso la conoscenza si può generare un’evoluzione da cui può partire un equilibrio maggiore in grado di mostrare al mondo il lato debole per trasformarlo in forza. Le sfere sembrano danzare sulla tela, si muovono in maniera optical sulla base delle sensazioni dell’osservatore e anche del punto di vista da cui si osservano, perché come ciascun individuo è in grado di sintonizzarsi e di lasciarsi andare su alcune note piuttosto che su altre, lo stesso avviene con i colori che si armonizzano alla sensibilità interiore, rendendosi più evidenti rispetto ad altri, di individuo in individuo.

andamento lento
6 Andamento lento-acrilico e pennarello su tela, 3 tele da 30x25cm cadauna

In altre opere, come il trittico Andamento lento, Sasà mescola il tratto grafico del cerchio e del quadrato con un apporto cromatico riconducibile all’Espressionismo Astratto perché l’emozione, la sensazione, prende il sopravvento sulla ricerca ottica e va a comunicare in modo più immediato, spontaneo, senza però mai perdere il contatto con l’unicità del singolo; l’onda cromatica rappresenta così la realtà, gli accadimenti che si susseguono inevitabilmente nel corso dell’esistenza e che l’individuo non può che seguire traendone l’insegnamento migliore, perché ogni circostanza, ogni evento genera una crescita indispensabile all’evoluzione e una necessaria modificazione senza le quali l’essere umano resterebbe dentro un’innaturale immobilità.

è un mondo difficile
7 È un mondo difficile-acrilico e pennarelli su tela, 80x40cm

Sandro Trincanato ha iniziato recentemente il suo percorso artistico ed espositivo ma ha già al suo attivo diverse mostre a Bolzano, con il Club Arcimboldo, ricevendo ottimi consensi dal pubblico e dagli addetti ai lavori.

SANDRO TRINCANATO-CONTATTI

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Sandro Trincanato’s graphic circles to emphasise the magnetic and energetic connections between reality and the individual

For some artists, the need to tune into the higher vibrations of everything around them, pushing them to place in a position of listening to the subtle energies capable of constituting a universe parallel to the more pragmatic one, translates into mostly abstract or informal styles, through which they manage to represent the inexplicable, everything that rationally would not even be perceptible. The way of recounting these energies changes on the basis of each author’s individual expressive nature, harmonising with sensitivity but also with the style most in keeping with an instinct that can only manifest itself in an absolutely personal manner. Today’s protagonist tunes in to those sensations that find no support with logic but manage to materialise in the irrational artistic world in which he leaves the creative impulse free to find its own channel of expression.

The birth of Abstract Art, in the first decades of the 20th century, highlighted the need generated by the surrounding events, especially the winds of war linked to the First World War, to detach themselves from the observed, combined with an exploratory nature on the part of the masters of the time that pushed them to elaborate innovative pictorial languages aimed at subverting the previous order constituted by rigid academic rules and strongly linked to the figuration of traditional art. In fact, abstraction was nothing more than an evolution of those principles of decomposition of the image that had begun with Impressionism and Pointillism, then taken to extremes to the point of completely renouncing contact with the tangible in order to move towards a dimension in which art could be considered beyond, above the reproduction of the visible, perfect and complete already in the plastic act of creation. Vassily Kandinsky, considered to be the founder of Abstractionism, tended towards a connection with the inner world to the point of painting accompanied by the music of Richard Wagner to emphasise his circular and geometric forms and tell them as if they were moving across the canvas to the rhythm of the notes. At the same time, some Cubist exponents also chose to move away from reality in a definitive manner, transforming the fragmentation of the image into an abstract interpretation of geometric forms, in which rounded lines predominated; this evolution took the name of Orphic Cubism and had in Robert and Sonia Delaunay the creators and greatest exponents. Where Kandinsky appeared ethereal, light in the manifestation of his Lyrical Abstractionism, generating evocative and magnetic forms precisely because of their insubstantiality and the echoes evoked by their never clear-cut boundaries, on the other hand, the Delaunays respected the two-dimensional approach of Cubism, reinterpreting it through the full use of decomposed colours that thanks to their interaction and the dialogue between different tones in turn recalled the movement of musical notes, earning the movement the appellation Orphic in reference to Orpheus, the musician of Greek mythology. Joan Miró, too, wanted to abandon the traditional guidelines of Surrealism, the movement to which he belonged, and move towards an Abstractionism in which geometric figures and signs seemed to dance on the canvas in the same way as Kandinsky‘s, eventually moving towards essential lines and childlike simplicity, once again confirming the need for art to remain linked to the sensations of the author. What was evident in the case of these great artists was the connection between the emotional part stimulated by listening to music and the act of painting, unlike all the coeval abstractionist movements such as De Stijl, Geometric Abstractionism and Suprematism, which instead affirmed the need for the removal in art of all sensations and subjectivism of the performer of the artwork.

The South Tyrolean artist Sandro Trincanato, aka Sasà, trained as a self-taught artist, spontaneously chooses the language of Lyrical Abstractionism close to Vassily Kandinsky, personalising it according to his inner rhythm, and above all he deepens his contact with the essence, with the soul that becomes the guiding light for an expressiveness not conditioned by academic rules and notions but capable of letting everything he perceives, sees and intuits around him flow out immediately. The circular shape becomes essential in him to emphasise the magnetic magic that belongs to reality, which connects individuals at a higher level than the apparent one, as if those circles concentric, or close and sometimes overlapping, determined a perceptive echo that cannot help but propagate itself all around; the dark backgrounds form the basis for the almost electric luminosity of the graphic markers that define and at the same time streamline the consistency of the figures precisely because often everything that happens and the subtle energies it brings with it cannot be visible to everyone, they need a more sensitive kind of listening, more aware of the unbearable lightness that belongs to spirituality.

In fact, Sandro Trincanato titles some of his works in Hawaiian, since the Pacific archipelago has always been a land of strong energetic connection between soul and matter, between reality and what is hidden within it, between awareness of limits and the certainty of being able to overcome them precisely by looking inside a stronger self, more predisposed to pay attention to the surrounding energies as bearers of a universal message. The work Na mana o pili (The Power of Connection) is strongly linked to this concept, to those connections that are generated between people who belong to the same existential sphere and who somehow live with their singularity in the same living space; the different colour shades, shapes and sizes with which Sasà defines his circles are functional to represent how many facets of humanity there are, how everything is somehow connected and how it is not possible to isolate oneself completely from the surrounding world. Somehow the black background enhances the differences, the uniqueness that define each personality and that interact with the others, communicate, coexist, unconsciously enriching themselves thanks to the intertwining of reciprocal energies. The use of felt-tip pens in this work is particularly evident as essential, as the lines of the circles are sharp and defined to emphasise the concept of uniqueness.

In Mau mea huna (Always hidden), on the other hand, the artist explores the all-contemporary tendency to hide one’s true substance, wearing masks that protect an interiority that one is often afraid to reveal, or that allow some people to show themselves to be better than they really are; thus the transparent circles, delimited only in their perimeter, are superimposed on the fuller and more substantial spheres, leaving the observer to meditate on which ones are hiding and which are concealed. Yet through a higher awareness it would be possible to let the two parts of oneself, the outer and the inner, coexist, only mistakenly considered fragile, because through knowledge can be generated an evolution from which can start a greater balance, capable of showing the world the weak side to transform it into strength. The spheres seem to dance on the canvas, they move in an optical manner based on the sensations of the observer and also on the point of view from which they are observed, because just as each individual is able to tune in and let himself go on some notes rather than others, the same happens with the colours that harmonise with the inner sensitivity, making themselves more evident than others, from individual to individual. In other artworks, such as the triptych Andamento lento, Sasà mixes the graphic line of the circle and the square with a chromatic contribution that can be traced back to Abstract Expressionism because emotion, the sensation, takes over from optical research and communicates in a more immediate, spontaneous way, without ever losing contact with the uniqueness of the individual; the chromatic wave thus represents reality, the events that inevitably follow one another in the course of existence and that the individual cannot but follow, drawing from them the best teaching, because every circumstance, every event generates a growth that is indispensable for evolution and a necessary change without which the human being would remain within an unnatural immobility. Sandro Trincanato has recently started his artistic and exhibition career, but he already has several exhibitions to his credit in Bolzano, with the Club Arcimboldo, receiving great acclaim from the public and insiders.