Il lavoro minorile è meglio definirlo lavoro infantile perché ai minori è consentito avere un’attività lavorativa, seppure con alcune limitazioni. Il lavoro dei bambini è un vera e propria piaga mondiale che affligge 260 milioni di esseri umani di età compresa fra cinque e quindici anni che vivono per lo più di Paesi in via di sviluppo e sono costretti a lavorare in fabbrica o nei campi, spesso in condizioni di schiavitù.
La lotta contro lo sfruttamento dei minori ha avuto in questi ultimi anni un’accelerazione da parte delle istituzioni internazionali. L’Agenzia delle nazioni Unite che si occupa del lavoro, ha dettato principi ai quali si dovrebbero attenere le legislazioni e ha registrato per la prima volta una netta riduzione del lavoro minorile, soprattutto nelle sue forme peggiori per le quali la comunità internazionale ha adottato, circa otto anni fa, una tabella di marcia per arrivare nel 2016 ad una sostanziale diminuzione.
L’Europa ha fissato a 15 anni l’età minima per entrare nel mondo del lavoro ed ha stabilito che ogni ragazzo deve prima seguire un percorso di formazione. Al di là delle legislazioni c’è stata anche un’altra arma efficace per combattere questa piaga economica. E’ stata la pressione dell’opinione pubblica che ha spesso aderito a campagne volte a boicottare le aziende che impiegano direttamente o adottano fornitori che, sfruttando la povertà dei Paesi più arretrati, fanno uso di minori per produrre merci a basso costo. In alcuni casi si è arrivati a chiedere contro queste aziende o nazioni sanzioni economiche.
Nei paesi occidentali, nonostante i divieti, vi sono stime che palesano che la piaga del lavoro minorile non è stata ancora debellata. L’Italia ha adottato sin dalla fine degli anni sessanta una legislazione avanzata che oggi distingue tra bambini (minori di 15 anni) e adolescenti (tra i 15 e i 18 anni). I bambini non possono essere impiegati se non in attività culturali, artistiche, dello spettacolo e simili. In questi casi è comunque necessario l’assenso di chi esercita la patria potestà oltre all’autorizzazione della direzione provinciale del lavoro.
Per quanto riguarda gli adolescenti il lavoro è permesso solo se il minore abbia completato il periodo di istruzione obbligatoria. Nonostante queste ed altre limitazioni, secondo una indagine Istat in Italia lavorano 145 mila ragazzi tra i sette e i quattordici anni e 32 mila di essi possono dirsi sfruttati. Secondo l’indagine possono essere considerati economicamente attivi, con lavori all’interno del nucleo familiare o comunque parziali o stagionali 12170 bambini tra sette e dieci anni, 66.050 tra undici e 13 anni, e 70.070 ragazzi di 14 anni. Quasi un quinto lavora in bar, ristoranti e alberghi, seguono i negozi e le attività in agricoltura.