Intervista a Ivana Manferdelli, molto di più che una raccontastorie

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ivana manferdelli

Sono intervenuta sulle parole con un restauro, conservativo o integrativo a seconda dei casi

Ha scritto tanti racconti e libri per ragazzi ma ora la brava e simpatica Ivana Manferdelli ha dato alle stampe una squisita raccolta di poesie, piuttosto agile, ma davvero speciale, intitolata Con i Miei Occhi.

Ivana, lei scrive da sempre ma è giunta alla pubblicazione solo recentemente, come mai? Vuole raccontarci il suo percorso?

Le cose succedono perché devono succedere, vicende che vanno avanti in modo regolare, in sordina, lentamente, d’improvviso fanno una accelerata. Il cambio di velocità tra scrivere e pubblicare nel mio caso è frutto di più variabili: per primo il fattore tempo di cui ho potuto disporre solo quando ho smesso di lavorare, poi c’è stato lo stimolo dei concorsi letterari, infine hanno contribuito i confinamenti per pandemia quando scrivere si è rivelato una risorsa anti-solitudine.

Quanto è stato difficile fare da sola la correttrice di bozze dei suoi lavori?

In realtà mi è piaciuto riprendere i miei lavori per correggerli, è stato come aprire una cassapanca di famiglia e trovare cose sempre viste e mai notate, prendere in mano utensili superati, osservare oggetti passati di moda, disotterrare souvenir di viaggi, di persone, di esperienze. Certo, per mettere ordine c’è del lavoro da fare, occorre assegnare un valore affettivo e/o un valore oggettivo, decidere se buttare o conservare. C’è però una terza opzione: quella di conservare dopo un intervento di restauro. Ed è quello che ho fatto io: sono intervenuta sulle parole con un restauro, conservativo o integrativo a seconda dei casi.

Lei è molto dura con se stessa o sa essere accondiscendente?

Bella domanda. Se sono troppo dura rischio di subire delle ritorsioni, mi riprometto sempre di puntare al dialogo. Ma sono ri-promesse da marinaio.

A chi fa leggere i suoi componimenti prima di proporre la pubblicazione dei suoi testi?

Non ho mai pensato di fare leggere quello che ho già terminato, a meno che non sia stato scritto per una occasione speciale. Raccolgo invece volentieri spunti esterni mentre scrivo, soprattutto se scrivo per bambini. Ad esempio, Viola e Zoe sono due bambine mie amiche che amano ascoltare storie. Io racconto loro la storia che sto scrivendo o che ho intenzione di scrivere. Le loro curiosità, domande, espressioni, il loro stupore mi suggeriscono modifiche, integrazioni, mi danno delle idee per proseguire. A volte ho raccontato lasciando la storia in sospeso, ho detto che non sapevo come finiva quando in realtà avevo già immaginato il finale. Loro hanno provato a fare delle ipotesi usando aspettative, immaginazione, fantasia. Il loro finale era migliore e io naturalmente lo adottavo.

E che effetto gli fa vedere le suo opere pubblicate?

Mi fanno effetto, un bell’effetto, vederle nero su bianco. E’ emozionante, strano, inaspettato, fiabesco, magico. Comunque, mi piace.

Sinceramente pensava di riuscire a dare alle stampe anche una sua raccolta di poesie sebbene oggi molto editori non puntino su di esse?

No, non me lo aspettavo. Avevo partecipato a un concorso letterario rispettando le condizioni, quantità, pagine, lunghezze previste dal bando ma non ne avevo seguito l’esito proprio perché sapevo che gli editori non puntano sul genere poesia. A distanza di tempo però ho ricevuto una comunicazione che “era stata riscontrata una buona qualità nelle mie opere e che le stesse meritavano di essere conosciute dal pubblico”.

Quali consigli si sente di dare a un giovane che si avvicina oggi al vasto mondo dell’Editoria?

Non posso dare consigli a un giovane quando io stessa nell’editoria sono giovanissima. L’età non c’entra, sto parlando di esperienza. Ho avuto i primi contatti con editori quando mi hanno proposto un contratto di edizione. Ho colto volentieri l’opportunità, mi sono limitata a verificare che non ci fossero clausole insidiose. Un atteggiamento un po’ naif, non di larghe vedute ma con un forte contenuto emotivo. Come succede spesso, le decisioni sono frutto di spinte emotive, di sensazioni personali, di dettagli minori.

In che situazione ama scriverle e leggere?

Mi capita di leggere nelle condizioni più strane: alla fermata dell’autobus, mentre aspetto qualcuno al bar, al cinema prima che inizi il film, in bagno, a letto. Ho la buona abitudine di avere sempre un libro con me. In fila alla cassa del supermercato lo tiro fuori se il cliente che ho davanti non ha pesato la verdura e la cassiera deve chiamare l’assistenza. Una volta in casa ho monitorato la cottura in forno con un libro in mano: l’arrosto è bruciato e la cucina si è riempita di fumo. Io avevo gli occhi rossi ma solo perché stavo condividendo le sofferenze e le angosce dell’eroina del romanzo. Che comunque, va aggiunto, rischiava ben oltre una semplice cena.

Che cosa deve suscitarle una poesia per rimanerle dentro?

Deve capitare nel momento giusto, deve colpirmi perché ritrovo una esperienza personale nel concentrato di parole di altri, deve far riaffiorare un ricordo dimenticato, allora la poesia mi piace e mi rimane dentro.