La dislessia nei bambini, l’importanza di un trattamento precoce: intervista ad Adelia Lucattini

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ROMA – La dislessia non è una malattia ma un disturbo neuropsicologico caratterizzato dall’incapacità di leggere e comprendere un intero testo scritto pur comprendendo ogni singola parola se letta separatamente, fa parte dei Disturbi Specifici dello Sviluppo e dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), insieme a disgrafia, disortografia e discalculia. In Italia gli studenti con dislessia, secondo i dati forniti dal servizio statistico del MIUR, che si basano sulle certificazioni dei Disturbi Specifici dell’apprendimento (DSA), incrociati con gli studi disponibili in letteratura, è stato rilevato che gli studenti affetti da DSA possano essere ben oltre il 5%, vale a dire, un numero molto elevato. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Adelia Lucattini, psichiatra, neurologa e psicoterapeuta.

Cosa rappresentano i Disturbi Specifici dello Sviluppo e i Disturbi Specifici dell’Apprendimento?

I Disturbi Specifici dello Sviluppo sono, secondo Tresoldi, delle alterazioni funzionali ovvero alterazioni di una funzione senza substrato organico, giustificante il sintomo che coinvolge il linguaggio, la lettura, la scrittura, il calcolo, le tappe motorie, le abilità attentive, l’interazione sociale. Questo genere di disturbi, possono manifestarsi isolatamente o più spesso in associazione tra loro.

I Disturbi Specifici dell’Apprendimento sono, secondo Hulme e Snowling, anch’essi un’alterazione di una particolare funzione, in relazione ad un “rischio” di disagio, alla manifestazione di specifichi sintomi di sofferenza psicologica, a problematiche di adattamento all’ambiente familiare, scolastico e sociale.  Numerosi studi dimostrano che nella maggior parte dei casi, esiste una componente neurobiologica di base sulla quale si innestano, sia il disagio emotivo che i disturbi psicologici.

Quali sono i segni premonitori in età prescolare?

  1. La presenza di disturbi del linguaggio dopo i quattro anni di età, aumenta il rischio che successivamente questo bambino abbia disturbi di apprendimento. Se succede prima dei quattro anni e c’è poi una scomparsa spontanea del disturbo, la probabilità di dislessia diminuisce notevolmente.
  2. La familiarità. Secondo importanti studi finlandesi e statunitensi c’è una correlazione tra la presenza in famiglia di casi di dislessia e la presenza del disturbo nel bambino.

Come si manifesta la Dislessia nei bambini in età scolare?

Il bambino con dislessia legge con più lentezza e difficoltà rispetto ai bambini della sua età che frequentano la stessa classe. A seconda della gravità del disturbo, si possono avere difficoltà di lettura delle lettere, delle parole, di interi brani o delle “non-parole”. Le “non-parole” sono parole che non hanno alcun di significato o non esistono nella lingua parlata e scritta dal bambino, ad esempio sono degli scioglilingua. Poiché, non è possibile intuirle o dedurle dal contesto, come è invece possibile fare con le “vere parole”, costringono a una lettura “pura” per questo sono utilizzate nei test psicodiagnostici.

La dislessia non deriva da un deficit cognitivo, dell’intelligenza o da altre cause come traumi o blocchi emotivi, ma è una condizione neuropsicobiologica, ovvero il bambino dislessico ha un’intelligenza e delle capacità cognitive assolutamente nella norma. La dislessia riguarda solo il processo di apprendimento legato a lettura e scrittura.

Come si riconosce?

Per esempio, i genitori solitamente scoprono che il proprio figlio è dislessico quando inizia a frequentare la scuola,
in prima elementare, poiché subito si misura con la lettura. Le prime difficoltà si manifestano dopo pochi mesi di scuola, già prima delle vacanze natalizie. I segnali nel bambino sono chiari e ben riconoscibili:

  1. Legge molto lentamente e commette errori diversi: scambia le vocali o le consonanti, salta e omette delle lettere, toglie o aggiunge lettere alle singole parole, salta le righe mentre legge;
  2. Fa molta fatica a fare cose che i compagni fanno con naturalezza;
  3. Ha anche difficoltà nella scrittura: scambia le vocali e le consonanti soprattutto quelle visivamente o
    come suono  sono simili ad esempio: d con p o la p con la q;
  4. Ha difficoltà a copiare dalla lavagna ed è molto lento;
  5. Le sue difficoltà si evidenziano non solo nella lettura delle lettere ma anche di numeri e simboli.

Perché si parla di “dislessia evolutiva”?

Perché è un disturbo che si manifesta in età evolutiva, cioè già dalla prima infanzia. Questa caratteristica fa sì che sia necessario riconoscere i segnali il prima possibile per iniziare un percorso diagnostico, riabilitativo e psicoanalitico quanto prima. Anche se la diagnosi definitiva può essere fatta solo intorno agli 8 anni, se dai test il bambino risultasse “a rischio”, è bene intervenire il prima possibile perché quanto più l’intervento è precoce, tanto più è efficace. Naturalmente, poiché il disturbo ha caratteristiche individuali e gravità diverse da bambino e bambino, è importante che il trattamento sia personalizzato.

Gli studi anglosassoni sulla dislessia dimostrano che al momento attuale il 20% dei bambini ha un completo recupero, il più delle volte si tratta di disturbi lievi o ben compensati con adeguati interventi, il 45% raggiunge un buon grado di compenso tanto da non risentire particolarmente del disturbo e il 35% mantiene disturbi della lettura che rendono difficile il proseguimento degli studi oltre la scuola dell’obbligo. È importante sapere che nella maggioranza dei bambini, la dislessia ha un’evoluzione positiva purché imparino presto ad utilizzare strategie compensative di apprendimento ed abbiano un buon equilibrio emotivo.

Qual è l’importanza dell’intervento precoce?

Nei bambini che abbiano qualunque difficoltà, disagio o disturbo, più la diagnosi e l’intervento sono precoci, maggiori sono le ricadute positive sulla vita del bambino. A scuola perché la riabilitazione specifica, il trattamento psicoanalitico del bambino insieme ai suoi genitori e l’applicazione del Programma Didattico Personalizzato (PDP) lo aiutano a sentirsi sicuro, capace e a diventare autonomo non solo nella scrittura, ma anche a scuola in generale. Gli interventi precoci permettono di iniziare la riabilitazione fin dalla prima elementare e aiutare i bambini a trovare strategie di apprendimento e studio. Inoltre, possono fin da subito avere a scuola strumenti dispensativi (non devono leggere o scrivere al ritmo dei compagni di classe) e compensativi (possono usare audiolibri, tablet o computer con correttore, calcolatrice etc.). La rapidità dell’intervento permette di non rimanere indietro negli apprendimenti, sostenere verifiche orali e di raggiungere i meritati successo negli studi dalle elementari fino alla fine dell’università.

Qual è l’importanza del trattamento psicoanalitico nella dislessia?

Tutti i bambini affetti da dislessia se il disturbo non è riconosciuto presto, sviluppano sentimenti di inadeguatezza e incapacità che influiscono negativamente sul rendimento scolastico e nella sua vita in generale. Questi sentimenti non dipendono dal confronto con gli altri bambini come spesso si crede, ma dal fatto che il bambino si accorge delle proprie difficoltà e per questo si sente diverso anche se nessuno glielo fa notare. Inoltre, non sa spiegarsi il perché di quello che gli accade e si aspetta che i genitori se ne accorgano cosa gli succede e che lo aiutino a capire e a superare le sue difficoltà. Non riuscire nonostante gli sforzi, crea un profondo disagio nei bambini e una dolorosissima sensazione di “avere un handicap”, come spesso riferiscono apertamente. In alcuni casi sviluppano dei veri e propri sintomi depressivi, che nei maschi si manifestano prevalentemente con iperattività, per cui non di rado vengono diagnosticati come ADHD e nelle femmine invece, con inibizione e ritiro, ovvero, evitamento delle amicizie e tendenza all’isolamento.

Qual è la specificità del trattamento psicoanalitico di bambino e genitori nella dislessia?

Il trattamento psicoanalitico è importante per poter fare una diagnosi differenziale tra disturbi puramente psicologici e funzionali che si accompagnano a disturbi della lettura e dislessia, in cui il disturbo emotivo è una conseguenza. Il fatto stesso di essere ascoltato, aiutato a capire, di avere una persona tutta per lui ed un tempo dedicato è terapeutico. È importante che i genitori partecipino al trattamento del loro bambino con incontri periodici con l’analista. L’analisi è un’esperienza un po’ “speciale” in cui l’analista lo ascolta e lo aiuta a capire giocando. Per il bambino è importante sapere che l’analista aiuta anche i suoi genitori, a sentirsi meno a disagio e ad essere più efficaci nell’aiutarlo.

Inoltre le terapie riabilitative necessarie sono molto faticose ed impegnative per i bambini, prendono tempo ed energia, l’analisi è un momento in cui il bambino può scaricare l’ansia e trovare la forza per sostenere la fatica della riabilitazione più volte a settimana, di pomeriggio dopo la scuola. Con il tempo imparerà a trovare il suo modo per andare avanti, per affrontare la realtà, per riuscire bene la scuola e per vivere con serenità il rapporto con se stesso, i familiari e anche gli amici.