La ministra Dadone sulle impronte digitali contro i furbi del cartellino: “no all’uso criminalizzante della tecnologia”

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Il provvedimento che stabilisce l’uso delle impronte digitali per stanare gli assenteisti negli uffici pubblici mette a rischio l’entusiasmo dei lavoratori onesti, che si sentirebbero sottoposti a un pregiudizio deleterio

ROMA ‒ Per contrastare il fenomeno dell’assenteismo nella pubblica amministrazione si dovrà escogitare un’altra soluzione: un sistema di riconoscimento biometrico come il rilevamento delle impronte digitali per la verifica degli accessi al luogo di lavoro costituisce, afferma la ministra per la Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone in un’intervista a ItaliaOggi, “un uso criminalizzante della tecnologia”, che comporta un pregiudizio fortemente negativo verso i dipendenti pubblici: esso contiene “uno stigma di tale negatività che rischia di deprimere anche chi ogni mattina si reca sul posto di lavoro con energia ed entusiasmo”.

Il provvedimento, che era stato votato dal precedente governo per assicurare il rispetto dell’orario di lavoro e per dire stop a quella che la ex ministra Giulia Bongiorno aveva definito una “fraudolenta solidarietà” tra i dipendenti, viene annullato perché rischia di danneggiare il rendimento dei dipendenti pubblici “onesti”.

Senza alcun dubbio bisogna promuovere l’efficienza di chi lavora negli uffici pubblici ma, afferma la ministra su facebook, “non credo che servano riforme radicali né atteggiamenti punitivi, perché nella pubblica amministrazione c’è chi lavora bene e molto e sono la maggioranza. Penso invece che sia molto meglio promuovere delle buone pratiche ed interventi mirati”.

Oltre alle conseguenze negative sull’autostima e l’umore dei dipendenti evidenziate dalla ministra è stata rilevata, questa volta dal Garante per la Privacy, la criticità di questo provvedimento rispetto alla protezione dei dati personali. Lo scorso 19 settembre l’adozione del riconoscimento biometrico accoppiato a sistemi di videosorveglianza per ridurre l’assenteismo è stata infatti indicata dal Garante per la Privacy come una misura che potrebbe avere un impatto sulla vita personale dei lavoratori ed essere incompatibile con le regole della privacy europea e nazionale.