“Le cose più belle”, Sete: “una conversazione con un’entità divina”

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La cantante: “È da moltissimo tempo che desideravo uscire con un singolo che mi potesse rappresentare come artista”

Da venerdì 4 dicembre è in rotazione radiofonica “Le cose più belle”, il singolo che segna il debutto della cantautrice romana Elisabetta D’Aiuto, in arte Sete. Il brano è disponibile sulle piattaforme di streaming e in digital download.

“Le cose più belle” è una conversazione con un’entità divina in cui il soggetto chiede una vita facile, senza difficoltà o problemi, in cui tutto fila liscio. Solo alla fine del brano si evince che proprio i momenti di sofferenza sono la catarsi della crescita interiore per una persona. Il tutto condito da sonorità acustiche ed elettroniche fuse insieme, l’elemento centrale è la chitarra acustica e tutto il resto gira intorno, su un ritmo incalzante.

L’artista ci ha gentilmente concsso un’intervista.

“Le cose più belle” è il tuo singolo di debutto, di che cosa si tratta?

È una conversazione con un’entità divina, una richiesta di una vita facile, senza sforzo né dolore. Ma la vera domanda è: si può veramente vivere senza tutto questo? Mi sono chiesta tante volte chi avrei potuto essere se non fosse accaduto questo o quello… ma di fatto tutte le esperienze che ho vissuto, positive o negative che fossero, mi hanno portato ad essere chi sono e a crescere. Non ne cancellerei nemmeno una. Certe volte per capire di che pasta vogliamo essere, dobbiamo affrontare cose difficili, faticose, però sono proprio queste avversità che ci portano a evolverci.

Cosa vuoi comunicare con questo brano?

Mi interessa che si generi una specie di riflessione su questi argomenti, qualcosa che ti faccia rivalutare i momenti di sofferenza. Un po’ alla Inside Out per intenderci.

Il singolo è accompagnato da un videoclip, come si caratterizza?

Il videoclip volevo rappresentasse da una parte la ragazza con la vita facile, nella sua bolla di cristallo; dall’altra, abbandonata in qualche meandro della nostra mente, la ragazza che rappresenta la sofferenza. La prima, per quanto cerchi di allontanarla, sentirà il richiamo di questa parte di sé e uscirà a cercarla. É chiaro sin dal principio che nessuna delle due, da sola, può andare poi molto lontano.

Hai iniziato a scrivere le tue prime canzoni sin da piccola, com’è nata questa tua passione?

Da subito, cantavo Jovanotti e Sergio Caputo già a due anni. Mia madre mi ha riempito le orecchie di Depeche Mode e The Cure, non potevo che amare la musica. Infatti così è stato.