Metcalfa ci parla del suo singolo di debutto “Missing”

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Martedì 26 gennaio 2021 è uscito “Missing“, il singolo di debutto del progetto di Metcalfa. Ecco l’inizio di un nuovo progetto, primo esponente della hybrid music, primo assaggio di un EP d’esordio di prossima uscita dal titolo Siolence (un incontro tra “silence” e “violence”). Elettronica ed influenze jazz si fondono in atipiche soluzioni timbriche e ritmiche. Lasciavi trasportare nel mondo di Metcalfa.

Metcalfa ci ha gentilmente concesso un’intervista.

“Missing” è il tuo singolo di debutto, come nasce?

In realtà nemmeno io ricordo bene come sia nata Missing. Ricordo che stavo ascoltando dei sample che avevo nell’hard disk e uno mi colpì particolarmente (proprio quello che poi sarebbe diventato l’arpeggio iniziale). Così ho iniziato a plasmarlo e lavorarlo secondo il mio gusto. Successivamente ho iniziato a lavorare sulla batteria, anche se sapevo che avrei dovuto adattarla a ciò che avrei aggiunto dopo. Si è così formata tutta la texture di accordi, pad e linea di basso. Chiaramente ognuno di questi elementi aveva un suo comportamento ritmico ben preciso e con la batteria ho voluto evidenziarne i punti salienti; per questo motivo nonostante sia un flusso unico ha questo portamento così frastagliato. Infine avevo bisogno di una parte intermedia che spingesse e che creasse un climax, così ho aggiunto la parte cantata con il vocoder. È forse il brano più complesso dell’EP, ma sicuramente anche quello più divertente da suonare.

Il brano anticipa il tuo EP d’esordio, ci puoi svelare qualcosa?

Per quanto riguarda l’EP posso solo dire che sono molto contento di farlo uscire, soprattutto in questo periodo in cui anche domani sembra estremamente lontano. Finalmente posso mostrare a qualcun altro il mio universo personale e l’inizio di un percorso al quale tengo molto. Ho molto materiale che voglio far uscire, molte cose che voglio dire. E questo EP è l’inizio.

Da dove proviene il tuo “nome d’arte” Metcalfa?

Il mio nome d’arte viene da un insetto, la Metcalfa Pruinosa. Non c’è un motivo particolare, in realtà. Mi piace il fatto che il nome abbia un qualcosa di ritmico al suo interno, nella pronuncia. Inoltre non è facile da pronunciare, quindi indirettamente ci pensi più del dovuto e finisci per ricordartelo. Geniale, no?

Come ti sei avvicinato al mondo della musica?

Allora, mi sono avvicinato prima di tutto alla batteria. L’avevo provata a casa di un mio compagno del liceo. Faceva un sacco di rumore, e questo era tutto ciò di cui il me stesso di 14 anni aveva bisogno. Successivamente ho cominciato a prendere lezioni. Ascoltavo di tutto, anche se principalmente rock e metal. Il mio disco preferito era (lo è ancora) Money for Nothing, dei Dire Straits. Poi, finito il liceo, avevo espresso il desiderio di studiare musica e così sono finito al CPM, dove oltre a studiare più professionalmente batteria ho potuto studiare pianoforte, composizione, teoria e Ableton. Poi ad un certo punto ho capito che quello che mi interessava davvero era il jazz e l’elettronica, così ho cominciato a studiare elettronica da solo e jazz presso il CEMM, struttura specializzata in ambito jazzistico. In tutto questo il motivo principale per cui ho deciso di fare della musica la mia vita è molto semplice: mi piace l’idea di poter creare un suono che possa toccare un’altra persona, tramite un oggetto inanimato.