“Mi chiedevo se”, il tuo nuovo singolo di Gabriele Pirillo: l’intervista

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“Questa canzone parla di due persone che non riescono a realizzare la fine di una storia, che cadono negli stessi errori perché convinti di poter ritrovare un equilibrio”

gabriele pirilloÈ uscito in digitale e in radio “Mi chiedevo se“, il nuovo brano di Gabriele Pirillo, cantautore e chitarrista 22enne, new-entry dell’etichetta 800A Records. Questo singolo è il primo di quattro che faranno parte del suo album d’esordio, previsto per l’inizio del 2022.

Un sound semplice e diretto affidato al “power trio” Stratocaster/Basso/Drums. Il brano è stato prodotto da Fabio Rizzo (Eugenio in via di Gioia, Dimartino, Alessio Bondì) e mixato da Tommaso Colliva, produttore di Diodato, Calibro 35, Ghemon e molti altri, presso Laboratori Testone. Testo e musica sono di Gabriele Pirillo. Prodotto e registrato da Fabio Rizzo presso Indigo Studios e Cantieri 51. Masterizzato da Giovanni Versari. La copertina d’autore è firmata da Paolo Raeli.

Gabriele Pirillo ci ha gentilmente concesso un’intervista.

“Mi chiedevo se” è il tuo nuovo singolo, di che cosa si tratta?

Il testo parla di due persone che non riescono a realizzare la fine di una storia, che cadono negli stessi errori perché convinti di poter ritrovare un equilibrio. È la storia di un amore confuso in cui non è più chiaro cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, in cui a tratti sembra tutto nitido e all’improvviso si ci rende conto di non aver capito niente.

Cosa vuoi trasmettere con questo brano?

È un racconto che cerca di far capire quanto sia difficile mollare la presa in una relazione in cui non hai chiari i tuoi sentimenti. C’è un mood da luci soffuse e la voce nella strofa è quasi sussurrata, nel ritornello invece si apre con le chitarre elettriche quasi in modo liberatorio.

Che tipo di accoglienza ti aspetti?

Spero che il “pubblico” abbia apprezzato il fatto che, a differenza dei pezzi precedenti, c’è un sound più strutturato creato da una vera e propria band dietro. Tutto suonato quasi senza nessuna traccia midi, proprio per dare all’ascoltatore la percezione di ciò che succederà nei live.

Come ti sei avvicinato al mondo della musica?

Quando avevo 14/15 anni facevo parte di una band come chitarrista. Rispettai quel ruolo per un paio di anni senza mai rivelare a nessuno che scrivessi canzoni. Pian piano queste canzoni si stavano accumulando e, non so bene per quale meccanismo, un artista sente sempre il bisogno di rendere pubblici i propri brani come se dovesse liberarsi di un peso, a costo di combattere con la propria timidezza. Così a 18 anni ho posato la chitarra, ho preso lezioni di canto e ho iniziato a cercare dei musicisti che volessero portare avanti con me questo progetto. Solo adesso, che ho 22 anni, tutto questo ha preso una forma definitiva! Le canzoni che pubblico come “nuove” per me molto spesso sono canzoni vecchissime che mi sono tenuto dentro per tantissimo tempo.