Eccolo “Ten Little Indies” deii PoST, un disco che apre un nuovo capitolo della loro storia, attraversando territori sonori che fino a ieri erano solo accennati. La perdita del bassista originario Gigi Laurino e l’arrivo inatteso di Daniele Maresca segnano un cambio di rotta e di suono (ma anche di forma volendo): le linee calde e avvolgenti del pianoforte e dei synth sostituiscono il cuore pulsante del basso, facendo del suono un paesaggio stratificato dentro cui vivere la distopia di una resa. Ogni brano del disco, prodotto con cura artigianale tra Milano e Londra, racconta un frammento di rinascita, tra fragilità umane e riflessioni disilluse, con una scrittura che non teme di scavare nelle pieghe più intime della quotidianità. In queste nuove tracce, i PoST riaffermano il proprio desiderio di esistenza, senza mai rinunciare a quel delicato equilibrio tra melodia e inquietudine che sottende l’incertezza… come nei video che troviamo in rete…
In un suono che molto deve alla definizione del ritmo, cambiare la linea di basso è quasi una rivoluzione non credete? Che cambiamento è stato?
Questo accade quando hai un maestro di batteria al basso! Battute a parte, se concepisci un brano in forma “classica” e poi sposti qualcosa, ne avverti ovviamente effetti vibranti. Per noi è una delle peculiarità del nostro attuale modo di scrivere e produrre, è il frutto di anni trascorsi ad intrecciare i nostri personali concetti musicali in qualcosa che ci suonasse nuovo. Il fatto che l’abbiate notato non ci lascia che soddisfatti.
Che poi l’evoluzione in tal senso è una costante o quasi. Raccontiamola meglio…
Dallo scorso “Fakes from Another Place” del 2012 a questo “Ten Little Indies” si sono susseguite molte vicende nei PoST, dalla partenza del precedente bassista Gigi, poi il trio, poi l’arrivo di Daniele ed un insieme di strumenti che mai prima abbiamo avuto a disposizione. Abbiamo introdotto una palette così vasta che avremmo potuto fare tutto. Abbiamo impiegato diversi anni ad individuare il sound attuale, così come fu per i precedenti album. Partimmo da sessioni libere in studio, ad oggi il nostro terzo disco fissa un punto di questo percorso. Abbiamo accumulato materiale per altri due album, per i quali probabilmente evolveremo ancora.
Un suono in perenne mutazione… è una identità in ricerca o comunque chiedete sempre una definizione precisa ad ogni nuovo elemento?
La mutazione continua è per noi un’abitudine, ci perdonerete l’ossimoro. Nel tempo abbiamo capito che ciò che creiamo arriva anche dalla crescita personale di ogni membro dei PoST, e lo vogliamo valorizzare in ogni produzione che realizziamo.
Gli indiani di oggi chi sono? Voi siete indiani o siete i nemici…?
Indies è un modo, oltre che per richiamare il famoso titolo, per abbreviare “individui”. I dieci brani nel disco raccontano storie di una persona sempre diversa, e sono raffigurati in modo astratto nella copertina. Pur non essendo un concept album, abbiamo realizzato che stavamo raccontando storie di vita, esperienze che prima o poi tutti trascorrono, da uno o l’altro punto di vista. Noi ci sentiamo solo quelli che hanno provato a narrarne il percorso.
La new wave oggi prende definizioni che sfociano spesso anche nel pop o “Post-pop” come dicono alcuni. Come ci state dentro a certe etichette?
Da quando esplose il genere “indie” (a cui facciamo l’occhiolino nel titolo di questo disco) si accomunarono tantissimi sound, più o meno simili fra loro, sotto lo stesso cappello. Crediamo che il legante sia quella vena di creatività di chi è partito a fare musica da solo, quali siano i mezzi a disposizione. Da lì si parte con un percorso. Le altre correnti successive, come post-pop, art-pop eccetera sono definizioni che abbiamo sentito su di noi, tuttavia non ci sentiamo un incarico sulle spalle cui dover necessariamente attenersi nella produzione del nostro materiale.