Veglia Pasquale, il testo integrale dell’omelia di Papa Francesco

1996

Croce Gloriosa Risorto

Papa Francesco ci ha invitato a non cedere alla rassegnazione: “Il diritto alla speranza non ci sarà tolto. Basta guerre”

ROMA – É stata una Veglia Pasquale quella di quest’anno 2020, celebrata da Papa Francesco, come tutte le altre della Settimana Santa, in una Basilica Vaticana vuota ma piena dei fedeli che assistevano in televisione.

Pubblichiamo il testo integrale dell’omelia di Papa Francesco.

“Al dolore le donne accompagnavano la paura e poi il timore per il futuro da ricostriuire, la memoria feritoa, la speranza soffocata. Per loro era l’ora più buia, come per noi. Ma non si lasciarono andare, non si rinchiusero nel pessimisno. Quel sabato fecero qualcosa di semplice, prepararono profumi per il corpo di Gesu. Non rinunciarono all’amore. Questa donne, senza saperlo, stavano preparando nel buio di quel sabato l’alba di quel giorno che avrebbe cambiato la storia. Gesu stava per far sbocciare una vita nuova e le donne lo stavano aiutando con l’amore. Quante persone, come quelle donne, stanno costruendo germogli di speranza!

Le donne seppero che Gesu era risorto, lo incontrarono e fu Lui con le sue parole a dar loro conferma. Stanotte coltiviamo il diritto, che non ci sarà tolto, alla speranza, nuova, viva, che viene da Dio. L’ottimismo non é una pacca sulle spalle, un incoraggiamento di circostanza o un sorriso di passaggio. É un dono del Cielo, che non potevamo procurarci da soli. Tutto andrà bene, ci diciamo con tenacia in queste settimane, aggrappandoci alla nostra umanità e facendo salire dal cuore parole di incoraggiamento.

Ma con l’andare dei giorni, e con il crescere dei timori, anche la speranza più audace può evaporare. La speranza di Gesù é diversa, immette nel cuore la certezza che Dio sa volgere tutto al bene. Persino dalla tomba ha saputo portare vita. La tomba é il luogo da cui nessuno esce ma Gesù é uscito e ha portato vita, per avere una vita nuova dove era stata posta una pietra sopra. Lui può rimuovere i macigni che sigillano il cuore.

Perciò, non cediamo alla rassegnazione, non poniamo una pietra sopra la speranza. Possiamo e dobbiamo sperare perché Dio é fedele. Non ci ha lasciati soli, ci ha visitato, è venuto in ogni nostra situazione: nel dolore, nell’angoscia, nella morte. La sua voce ha illuminato l’oscurità del Sepolcro. Oggi vuole raggiungere gli angoli più bui della vita. Sorella, fratello, anche se nel cuore hai seppellito la speranza non arrenderti! Il buio e la morte non avranno l’ultima parola. Coraggio, con Dio nulla é perduto!

Coraggio é una parola che nei Vangeli viene sempre da Gesu. Solo una volta é stata pronunciata da altri per dire di rialzarsi ad un bisognoso. E Gesu ci dice di rialzarci. Se sei debole e fragile nel cammino, se cadi, non temere, Gesù ti tende la mano e ti dice coraggio Ma tu potresti dire, come Don abbondio, che il coraggio uno non se lo può dare. Non se lo può dare ma lo puoi ricevere,come un dono. Basta aprire il cuore con la preghiera, basta solevare un poco quella pietra posta all’imboccatura del cuore per lasciare entrare la Luce di Dio.

Basta invitarlo, dicendogli di venire nelle nostre paure e dirci Coraggio! Con Te, Signore, saremo provati, ma non turbati. E, qualunque tristezza abiti in noi, sentiremo di dover sperare, perché con Te la croce sfocia in risurrezione, perché Tu sei con noi nel buio delle nostre notti: sei certezza nelle nostre incertezze, Parola nei nostri silenzi, e niente potrà mai rubarci l’amore che nutri per noi.

Ecco l’annuncio pasquale, annuncio di speranza, che contiene però anche l’invio: Andate ad annunciare ai miei fratelli  che vadano in Galilea. E Gesù li precede, dice l’angelo. È bello sapere che il Signore cammina davanti a noi, ed è già in Galilea, luogo che per Lui e i discepoli richiamava la vita quotidiana, la famiglia, il lavoro. Gesù desidera che portiamo la speranza lì nella vita di ogni giorno. Ma la Galilea per i discepoli era anche dei ricordi, il luogo della prima chiamata.

Ritornare in Galilea è ricordarsi di essere stati amati e chiamati da Dio. Ognuno di noi ha la propria Galilea. Abbiamo bisogno di riprendere il cammino, ricordandoci che nasciamo e rinasciamo da una chiamata gratuita d’amore. Là, nella mia Galilea. Questo è il punto da cui ripartire sempre, soprattutto nelle crisi, nei tempi di prova. Nella memoria della mia Galilea.

E la Galilea era la regione più lontana da dove si trovavano, Gerusalemme, era la zona più lontaa dalla sacralità, perché popolata da genti che praticavano vari culti. Questo annuncio di speranza non va confinato nei nostri recinti sacri, ma va portato a tutti perchè tutti hanno bisogno di essere rincuorati e se non lo facciamo noi che abbiamo toccato con mano il Verbo della vita chi lo fara? Che bello essere cristiani che consolano, che portano i pesi degli altri, che incoraggiano: annunciatori di vita in tempo di morte! In ogni Galilea, in ogni regione di quell’umanità a cui apparteniamo e che ci appartiene, perché tutti siamo fratelli e sorelle, portiamo il canto della vita!

Mettiamo a tacere le grida di morte, basta guerre! Si fermino la produzione e il commercio delle armi, perché di pane e non di fucili abbiamo bisogno.

Cessino gli aborti, che uccidono la vita innocente. Si aprano i cuori di chi ha, per riempire le mani vuote di chi è privo del necessario.

Le donne alla fine abbracciarono i piedi di Gesù, quei per venirci incontro avevano fatto il loro cammino, uscendo dalla tomba, avevano calpestato la morte e aperto la via della speranza. Per questo oggi noi, pellegrini in cerca di speranza, voltiamo le spalle alla morte e apriamo i cuori a Te, che sei la Vita”.