“Vortice” è il nuovo album di Silvia Donati, l’intervista

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silvia donati
Silvia Donati – Ph Mirko Silvestrini

“L’idea era quella di ottenere un album dalla sonorità ibrida che avesse sì un impronta brasiliana (chitarre acustiche e percussioni), ma anche un carattere più “moderno” attraverso l’uso di elementi elettronici”

Disponibile su tutte le piattaforme digitali e in copia fisica da venerdì 12 febbraio 2021, Vortice è il nuovo album, prodotto dall’etichetta Irma Records, firmato Silvia Donati & Nova 40. Questo progetto nasce grazie all’entusiasmo di Riccardo Rinaldi (Ohm Guru) e Ninfa, che riuniscono eccellenti musicisti per dar vita a un disco fresco, concepito a cavallo fra l’acustico e l’elettronico, album pregno di marcate colorazioni jazz, latin jazz brasiliano (principalmente bossa nova e samba) e tanto altro ancora. Un lavoro corale che vede Massimo Greco in qualità di compositore e arrangiatore, oltre che alla tromba, con il suo suono riconoscibile, nei brani Manter a Calma, Sim ou Não, Wide e Sampinho, Maurizio Piancastelli (tromba in Fale Claro, coautore e arrangiatore di questa composizione), Alessandro Meroli (flauto in Fale Claro, flauto e sax baritono in Sim ou Não, flauto in Sampinho e in Apaixonada, sax baritono in Toda Colorida), Massimo Zanotti (trombone in Sim ou Não, Toda Colorida e Sampinho), Giancarlo Bianchetti (chitarra), Christian Lisi (contrabbasso) e Roberto Rossi (batteria, percussioni, voce in Parece Vortice e coautore di Fale Claro, Xeque Mate e Sampinho), formazione impreziosita dagli ospiti Nelson Machado (voce in Sim ou Não) e dalle coriste Barbara Giorgi e Monica Dardi in Sim ou Não.

Silvia Donati ci ha gentilmente concesso un’intervista.

“Vortice” è il nuovo album, di che cosa si tratta?

E’ nato da un’idea di Ricky Rinaldi e Ninfa, con i quali sia io che Roberto Rossi avevamo spesso collaborato. L’idea era quella di ottenere un album dalla sonorità ibrida che avesse sì un impronta brasiliana (chitarre acustiche e percussioni), ma anche un carattere più “moderno” attraverso l’uso di elementi elettronici. Il coinvolgimento di Massimo Greco non solo come strumentista ma soprattutto come arrangiatore per i fiati e gli archi ha completato il quadro con un tocco di jazz, ambiente dal quale tutti i musicisti del disco provengono e frequentano.

È un lavoro corale, che tocco dà questo aspetto alla riuscita dell’album?

Il fatto che ogni musicista sia anche presente come autore credo renda più stretta la collaborazione, c’è come un’attenzione in più nel rendere al meglio il brano che hai scritto. E poi il rispetto: ognuno già da prima stimava musicalmente l’altro e così ogni brano ha preso la sua forma in maniera naturale con l’approvazione di tutti.

In questo album ci sono diverse collaborazioni, come sono nate?

Sono nate negli anni, spesso condividendo palchi. La dimensione live spesso crea dei legami sottili ma duraturi e ci si può ritrovare dopo anni a fare delle cose insieme come se ci fossimo visti il giorno prima. Il grande apporto di Ricky e Ninfa è stato quello di coordinare tutto il lavoro e rendere il suono dell’album particolare e riconoscibile.

Come ti sei avvicinata al mondo della musica?

In tutta la mia famiglia (genitori, zii, cugini, nonni) la musica è sempre stata un elemento molto presente e quando ho annunciato che mi sarebbe piaciuto fare la cantante, nessuno ha avuto niente in contrario, era un percorso come un altro, pensa che mio padre suonava la cornamusa e per anni ha partecipato a gare di bande in Scozia… Così, dal primo gruppo al liceo la cosa è andata avanti: lezioni di canto, vari gruppi, feste dell’unità, poi locali, rassegne, festival, club, teatri…e intanto frequentare workshop, andare a concerti, parlare con gli altri, incidere dischi, un pochino di insegnamento…sono stata molto fortunata ad aver potuto fare quello che amo.