Bullismo e cyberbullismo sempre più diffusi come epidemia: intervista ad Adelia Lucattini

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ROMA – I recenti drammatici fatti di cronaca che hanno visto coinvolti gruppi di adolescenti e che rispettivamente, a Formia, a seguito di una rissa, hanno portato alla morte di un ragazzo di 17 anni e a Napoli, un altro ragazzo di 13 anni, durante una partita di calcio, è stato aggredito con a calci, pugni e minacciato con un coltello, hanno di fatto riportato alla luce e in primo piano il problema del bullismo tra gli adolescenti.

Bullismo e cyberbullismo sono le minacce più temute dagli adolescenti italiani, subito dopo violenze sessuali e droghe. Ma per i maschi nella fascia di età tra i 13 e i 15 anni il bullismo sale al secondo posto dopo le droghe. La violenza tra pari online e non, è dunque una realtà quotidiana per la cosiddetta “Generazione Z”. Secondo i risultati dell’Osservatorio Indifesa su violenza, discriminazioni e stereotipi di genere, bullismo, cyberbullismo e sexting di Terre des Hommes e ScuolaZoo, ben il 60% degli oltre 8mila ragazzi e ragazze delle scuole secondarie in tutta Italia coinvolti dall’indagine ha affermato di aver assistito ad atti di bullismo e cyberbullismo. Quasi la metà degli adolescenti riferisce di averlo vissuto in prima persona.

Alla domanda “hai mai subito atti di bullismo?” il 44,9% ha risposto affermativamente. Il dato che cresce fino a diventare il 46,5% nel caso degli adolescenti maschi. Il cyberbullismo tocca di più le ragazze, il 12,4% delle quali ammettono di esserne state vittima, contro il 10,4% dei ragazzi. Un’ulteriore fonte di preoccupazione, paura e sofferenza, deriva dalle attività online, aggressioni verbali e commenti a sfondo sessuale, questi ultimi subiti dal 32% delle ragazze, contro il 6,7% dei ragazzi. La recente indagine della Società Italiana di Pediatria pubblicata nel 2020, Bullismo e Cyberbullismo in Italia ha coinvolto 1 ragazzo su 4. Il dato allarmante è l’età a cui si manifesta poiché inizia già a sette anni. Il bullismo non è un fenomeno recente tanto che la legge risale al 2016 con il Disegno di legge, 20/09/2016 n° 3139 “Disposizioni per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo”, e probabilmente c’è sempre stato ma negli ultimi anni si riscontra maggiore rabbia, aggressività, mancanza di empatia e si è abbassata l’età, prima il bullo aveva dai 14 ai 16 anni, ora i primi atti si constatano già tra i 7 e gli 8 anni.

Dottoressa Lucattini, può spiegare cosa  s’intende per “bullismo”?

Con bullismo, ovvero il comportamento da “bullo”, si intende spavalderia arrogante e sfrontata e in particolare, l’atteggiamento di sopraffazione sui più deboli, con riferimento a violenze fisiche e psicologiche attuate specialmente in ambienti scolastici o giovanili. Col termine cyberbullismo si debba intendere il bullismo virtuale, compiuto mediante internet e social media. Bullismo è una traduzione del termine inglese “bullying”, usato per definire dei comportamenti di prepotenza tra bambini e adolescenti, la cui  caratteristica principale è la persecuzione psicologica o fisica, comportamenti aggressivi e negativi prolungati di un adolescente, ma più spesso di un gruppo formato da “gregari” che seguono le indicazioni del “bullo”, nei confronti di una “vittima” scelta.

Non è secondario tenere presente che la parola, in inglese, deriva proprio da “bull”, ovvero “toro”, che ne rappresenta l’immagine irascibile istintiva, basata sulla forza, utilizzata per rappresentare l’aspetto violento e incontrollabile del comportamento agito dei bulli. Il bullismo, perché sia tale, deve implicare un avere propria persecuzione, con atti di prevaricazione frequenti e ripetuti nel tempo che causino nelle vittime sensazione di emozioni negative, in una situazione di disparità, fisica o numerica.  Nelle vittime provoca paura, insicurezza, disistima, preoccupazione e depressione.

Quanto è pericoloso?

Il bullismo è un fenomeno molto pericoloso soprattutto se non viene tempestivamente individuato e le vittime dei bulli se non vengono subito aiutate a sottrarsi alle vessazioni. Il bullismo è un fenomeno prettamente psicologico, i bulli spesso sono insicuri ed arroganti e non hanno una finalità pratica nei loro atti di vessazione ma sono mossi da necessità psicologiche che può essere diversa da situazione a situazione ma che ha sempre come scopo quello di dimostrare la propria forza in modo da annullare una sensazione di impotenza, inferiorità, insicurezza. È importante tenere presente che gli stessi bulli sono ragazzi o ragazze problematici che statisticamente sono vittime di atti di bullismo da ragazzi e ragazze più grandi di loro, spesso subiscono malversazioni e violenze in ambito extra familiare e qualche volta anche in ambito familiare.

È indispensabile spezzare il muro di omertà e la paura che ci sono tra i ragazzi rispetto agli atti di bullismo per riuscire ad evitare conseguenze psicologiche e fisiche gravi nelle vittime. Al tempo stesso è necessario un intervento mirato sui bulli poiché se non vengono aiutati, i comportamenti inizialmente volti a spaventare la vittima possono trasformarsi in comportamenti pericolosi di tipo antisociale e di vera e propria delinquenza, con delle prospettive purtroppo molto negative per i bulli.

Come si crea il fenomeno dell’ “omertà” intorno al bullismo?

L’omertà si crea soprattutto a causa di un fraintendimento in quanto il bullismo viene scambiato o per goliardia o per delinquenza. Il bullismo in realtà ha delle caratteristiche specifiche ovvero è un fenomeno psicologico, reiterato, spesso limitato all’ambiente scolastico ma soprattutto è ripetuto. La goliardia per quanto possa avere anche dei risvolti pesanti,  si limita a sono episodi singoli, occasionali spesso rituali, ad esempio all’inizio delle scuole superiori con le “matricole” o in concomitanza di una vittoria di una squadra su di un’altra, eccetera, non sono mai su continuativi. I fenomeni di tipo delinquenziale non hanno lo scopo di spaventare l’altro ma si accompagnano sempre a taglieggio, richiesta di soldi, ricatti, intimidazioni con uno scopo secondario, spesso di lucro. Il bullismo ha lo scopo specifico di spaventare l’altro e di metterlo in soggezione in modo da far sembrare il bullo più bravo più forte, un capo, un leader negativo ma pur sempre un leader.

L’omertà dipende anche dal senso di colpa o di paura inconsci degli adulti che si sentono inadeguati a controllare le situazioni oppure è dettata dal timore delle reazioni dei genitori o semplicemente non sono in grado di capire quello che sta accadendo in classe, non sono in grado di leggere i segnali e quando li leggono può accadere che restino del tutto paralizzati che inconsciamente si spaventino e attendono che le cose si possano “risolvere da sole”. Poiché il bullismo non si risolve da solo, è sempre necessario l’intervento degli adulti che si comportano in modo autorevole e siano in grado di prendere decisioni anche se scomode, siano questi insegnanti, genitori, presidi e naturalmente avvalendosi anche dell’aiuto della Polizia Postale.

In che modo famiglia e scuola possono intervenire?

Come in ogni fenomeno che riguarda l’infanzia e l’adolescenza quello che fa la differenza e l’intervento precoce, significa un intervento che deve essere fatto tanto più presto quanto più i bambini sono piccoli e questo vale sia per la sensibilizzazione a scuola sia l’informazione e l’attenzione dei genitori ai comportamenti dei propri figli, siano questi vittime che bulli.

Tenendo presente che per i genitori il disagio o il dolore dei propri figli è sempre molto difficile da sopportare, i genitori possono avere dei processi mentali di negazione e non vedere realmente quello che sta accadendo ai loro figli se questi non gliene parlano. Quindi informare e spiegare ai genitori che cos’è il bullismo, come si manifesta nei ragazzi e che è un disturbo molto spesso indipendente dall’ambiente familiare, può aiutarli a osservare i loro figli, a parlare con loro e aiutarli a risolvere le difficoltà che portano al bullismo o che  il bullismo causa. Per i genitori dei bulli è più difficile naturalmente che per i genitori delle vittime Ma se si vuole essere efficaci bisogna intervenire su tutti i genitori e pensare a un intervento psicologico volto anche ad aiutare loro nella loro funzione genitoriale. Certamente se il nucleo familiare problematico l’intervento dovrà essere mirato e con l’aiuto di professionisti, psicoanalisti dell’ età evolutiva e della famiglia.

Il fenomeno è tipicamente scolastico, solo se lascito correre, se non vi sono interventi tempestivi, se si trascina nel tempo, sconfina e si manifesta anche in ambiente extrascolastico, ma sempre come derivazione del bullismo che si è creato a scuola. Il gruppo di bulli possono incontrare la loro vittima anche fuori dalla scuola, ma il primo intervento è chiaramente a scuola ed è cruciale, essenziale per fermarlo ma anche per insegnare ai ragazzi come comportarsi. Inoltre, parlarne a scuola crea un clima di fiducia tra studenti e insegnanti tanto da a poter immediatamente rivelare gli atti di bullismo al loro primo manifestarsi.

Una recente indagine ha dimostrato che l’85,8% di adolescenti intervistati, ritiene giusto denunciare un comportamento persecutorio a genitori e insegnanti, Bisogna però tenere conto che i questionari sono anonimi questa intenzione e questa convinzione va rinforzata anche quando si devono esporre in prima persona sapendo che c’è una rete che può aiutarli.

Che tipo di intervento mirato potrebbe essere messo in atto?

Negli ultimi tempi sull’onda dell’emergenza sanitaria della pandemia da Covid-19 si è parlato molto della necessità di figure professionali all’interno delle scuole, psicologi e psicoanalisti dell’età evolutiva che svolgono una specifica attività in ambito scolastico. Le difficoltà psicologiche provocate dalla pandemia hanno però aperto delle prospettive diverse per ben più ampie necessità psicologiche che possono manifestare bambini e adolescenti in ambito scolastico, dove trascorrono per anni la maggior parte del loro tempo, dove vivono in gruppo e dove varie forme di disagio compreso lo stesso bullismo, si manifestano in modo specifico. C’è senz’altro bisogno di figure professionali in un numero adeguato a ogni scuola, che possano individuare le difficoltà di alunni e studenti ma fornire un sostegno e indicazioni agli insegnanti che indubbiamente nella gestione di questi fenomeni possono trovarsi impreparati o comprensibilmente angosciati tanto da non riuscire a essere efficaci sia nella prevenzione del fenomeno che nell’ affrontarlo quando si manifesta.

Psicologi e psicoanalisti formati rispetto a questo fenomeno e alle dinamiche gruppali dell’ambiente scolastico, possono mettere gli insegnanti in grado di analizzare meglio questi eventi, gli studenti di poterne parlare con serenità e se necessario impostare degli interventi psicologici mirati. Inoltre,  potrebbero indicare e suggerire alle famiglie dei percorsi dedicati e specifici per i loro figli individuali o anche familiari qualora ce ne fosse la necessità.