Depressione da Covid-19: psicoanalisi, farmacologia e medicine non convenzionali insieme per la cura. Intervista ad Adelia Lucattini

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ROMA – La depressione è uno tra i disturbi più frequenti nella popolazione. Molti studi dimostrano che nel corso della vita, una persona su cinque andrà incontro a un episodio depressivo, generalmente “reattivo” ovvero causato da situazioni personali o sociali quasi inevitabili: perdite, lutti, separazioni, malattie fisiche. In alcune persone si potrà ripetere mentre in altre rimarrà l’unico l’episodio. In tempi di pandemia da Covid-19 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato un “allarme depressione” per il 2020. Intervista ad Adelia Lucattini.

L’organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato un “allarme depressione” per il 2020. Quali sono le ragioni?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiara che nel 2020 la depressione sarà il disturbo mentale più diffuso al mondo e la seconda malattia più frequente dopo le malattie cardiovascolari. Già negli ultimi 3- 4 anni si è registrato un notevole aumento di casi di malattie mentali in generale. L’intensità e la gravità di queste malattie è invariata, quello che è cambiato è il numero di persone colpite e che soffrono a causa di esse. I numeri sono molto significativi: più della metà delle forme depressive viene avvertita già all’età di 14 anni ma purtroppo la metà delle nazioni del mondo hanno un solo psichiatra infantile per ogni due milioni circa di abitanti. Il numero dei sucidi ne mondo e di circa 800.000 all’anno, la maggior parte avvengono nei paesi più poveri per le condizioni di vita, la mancanza di cure e i pregiudizi nei confronti dei disturbi e delle malattie mentali. L’età è compresa tra i 14 e i 45 anni e il tasso più alto di disturbi depressivi è concentrato nei paesi asiatici.

Secondo le ricerche la depressione è più diffusa nei paesi economicamente poco sviluppati e nei paesi ricchi sono le persone povere a soffrirne maggiormente. È stato stimato anche un bilancio dei costi necessari al mantenimento e alle cure di una persona depressa, concentrando l’attenzione in primo luogo sul fatto che una persona depressa perde in produttività e difficilmente mantiene il posto di lavoro o trova un nuovo impiego.

I dati europei dicono che il 14% della popolazione è attualmente affetta da disturbi depressivi, Secondo tali calcoli, ad esempio in Gran Bretagna, gli effetti della depressione costerebbero allo Stato circa 12 miliardi di sterline l’anno. In Italia il dato si aggira intorno all’11%, nel Lazio il 17%, con una maggiore frequenza al Nord è una minore incidenza al Sud, per fattori sociali, genetici, climatici e ambientali.

La depressione è un disturbo unico o ne esistono più tipi?

Esistono diversi tipi di depressione che dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sono suddivisi in due grandi categorie: depressioni maggiori (psicotiche) più rare e ben curabili con farmaci e psicoterapia, e depressioni reattive (dette anche nevrotiche o minori) che invece sono molto diffuse e riguardano un maggior numero di persone.

Qual è il rapporto tra aumento della depressione e la pandemia da Covid-19?

Secondo la ricerca condotta dall’Istituto Superiore di Sanità ‘gli ultimi mesi hanno comportato molte sfide, in particolare per gli operatori sanitari, gli studenti, i familiari dei pazienti affetti da Covid-19, le persone affette da disturbi mentali e più in generale le persone che versano in condizioni socioeconomiche svantaggiate e i lavoratori i cui mezzi di sussistenza sono stati minacciati. L’impatto economico sostanziale della pandemia può infatti ostacolare oltre che i progressi verso la crescita economica anche quelli verso l’inclusione sociale e il benessere mentale. Numerosi studi mostrano che la perdita di produttività lavorativa è tra i principali determinanti della cattiva salute mentale’ (ISS).

Lo studio coordinato dal Dipartimento di Salute Mentale dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” insieme all’ ISS su un campione di 20.720 partecipanti, ha evidenziano che durante il lockdown sono aumentati i livelli di ansia, depressione e sintomi legati allo stress, soprattutto nelle donne. Il lockdown è stato un fattore significativo nel peggioramento dei sintomi ansioso-depressivi.

A che età si manifesta la depressione? E in questo periodo in particolare?

La depressione si manifesta in tutte le età della vita e anche questo momento non fa eccezione. Bambini, adolescenti, adulti e anziani, per motivi diversi, possono soffrirne. Inoltre la pandemia da Covid-19 non risparmia nessuno, adulti e anziani che si ammalano anche di forme gravi o mortali, giovani che si ammalano in modo meno grave ma che hanno comunque molti disturbi e i bambini che di solito non si ammalano in modo serio, tranne poche eccezioni, ma che sono molto preoccupati e impauriti per la salute dei loro genitori, dei fratelli più grandi e che temono di perdere i nonni. I bambini sentono, ascoltano, capiscono e percepiscono emotivamente lo stato d’animo di chi li circonda, hanno dei veri e propri “radar emotivi” che li tengono anche inconsciamente, continuamente in contatto profondo con chi li circonda da cui dipendo e a cui vogliono bene. I bambini hanno le loro buone ragioni per essere preoccupati e molto bisogno di essere tranquillizzati e rassicurati.

Per non palare delle depressioni da lutto in coloro che hanno perduto persone care, familiari, parenti e amici. Quello che accomuna tutti, in ogni età della vita è che, una volta riconosciuta e curata, ogni forma depressiva può regredire, andare “in remissione” o guarire. Sono note anche forme di depressione ad andamento prolungato in concomitanza con malattie fisiche (ipertensione, malattie cardiache, polmonari o reumatiche) o “ricorrenti” che si ripresentano cioè al cambio di stagione, in presenza di lutti o separazioni, traslochi, cambiamenti di città, etc., e in concomitanza di malattie fisiche.

Quando è necessario chiedere aiuto allo specialista?

In generale, prima si chiede aiuto e prima i sintomi scompaiono. Non bisogna avere paura di farsi aiutare. Ricorrere ad uno specialista è espressione di forza interiore, di avere un buon contatto con se stessi e con la propria mente. Ancora oggi ci sono troppi pregiudizi, chiedere un supporto psicoanalitico o anche farmacologico è normale nei momenti di difficoltà, non farlo sarebbe esattamente come rifiutarsi di ricorrere all’ortopedico in caso fu una distorsione o frattura. All’inizio la difficoltà consiste nel fatto che la depressione “non si vede” poi con il tempo s’impara a riconoscerla e a vederla con gli occhi della mente.

Quali sono le terapie a nostra disposizione nei bambini e negli adolescenti?

Nei bambini, dove l’uso dei farmaci è limitato, la terapia principale è sempre la psicoanalisi che viene condotta anche con incontri periodici con i genitori visti insieme o separatamente. I tempi di guarigione sono spesso piuttosto rapidi (1-3 anni) poiché sono in piena crescita e sviluppo ma i primi risultati si vedono già dopo poche sedute, già nella prima fase, quella della consultazione psicoanalitica che si svolge in 5-7 incontri, di cui due il primo e l’ultimo con i genitori da soli, il primo per comprendere la situazione e l’ultimo per comunicare le considerazioni generali e proporre se sia necessaria o meno una prosecuzione della terapia con un vero e proprio trattamento analitico, decisione che comunque spetta sempre ai genitori.

Anche negli adolescenti il trattamento psicoanalitico è la cura principale ma se necessario si può ricorrere all’uso di farmaci: farmaci tradizionali (antidepressivi, benzodiazepine, stabilizzatori del tono dell’umore) e farmaci di altre classi (fitoterapici, nutraceutici, omeopatici, immunoisopatici etc.) ed anche far ricorso a “integratori” poiché per varie ragioni, spesso ci troviamo di fronte alle cosiddette “sindromi carenziali relative”, cioè mancanza di nutrienti, vitamine, sali minerali, oligoelementi, etc., che può avere una loro specifica ripercussione sul tono dell’umore.

Anche i “probiotici” anche un loro specifico utilizzo nelle sindromi depressive poiché la serotonina indispensabile per l’umore oltre che il funzionamento dell’organismo, è prodotta a livello intestinale. Quindi mentre si individuano e curano le cause con la psicoanalisi, quando necessario si agisce sui sintomi con i farmaci tradizionali, si favoriscono e sostengono la reattività e la risposta vitale dell’organismo con farmaci fitoterapici, nutraceutici, omeopatici, immunoisopatici, con integratori e probiotici. Naturalmente tutti questi farmaci vanno assunti dietro indicazione e prescrizione medica, la normativa europea lo prevede, e restando in contatto costante con il proprio psichiatra per monitorare l’andamento. Qualunque tipo di “farmaco” si usi, il “fai da te” è sempre da evitare, può risultare inefficace nel migliore dei casi, peggiorare la situazione e soprattutto avere interazioni farmacologiche dannose o pericolose.

E negli adulti?

Studi dimostrano che si può uscire dalla depressione anche soltanto con una buona analisi ma i tempi, in questi casi, sono molto più lunghi. Gli adulti, però, quando arrivano a curare la propria depressione, spesso hanno bisogno anche di un supporto farmacologico, a volte anche per un breve periodo altre volte per un periodo più lungo, mentre affrontano le difficoltà col proprio analista.

D’altro canto, è noto che psicofarmaci da soli spesso non portano a una guarigione definitiva, si è visto infatti, che non garantiscono che la depressione non si ripresenti. I farmaci e la psicoanalisi insieme hanno cambiato la vita a milioni di persone negli ultimi cento anni.

Negli ultimi decenni è diventata una consuetudine clinica, supportata da numerosi studi teorici ed epidemiologici, l’integrazione tra le due cose, permettendo alle persone depresse di affrontare problemi, sofferenze e scoraggiamento, risollevandosi da immobilità, apatia, mancanza di forze in tempi più rapidi, e prevenendo ricadute e migliorando quindi la qualità della propria vita.

Anche i farmaci che afferiscono alle cosiddette “medicine non convenzionali” (MDN) e gli integratori, prescritti sempre con una modalità “personalizzata” seppur all’interno di “protocolli” ormai supportati da una ricca letteratura scientifica internazionale, sono un valido complemento alla cura.

E negli anziani?

Sempre più persone anziane chiedono di poter fare un’analisi sia per affrontare i cambiamenti esistenziali, dal pensionamento ai cambiamenti fisici, alla lontananza da figli e nipoti, sia per l’insorgenza di malattie fisiche acute e patologie croniche che richiedono trattamenti lunghi e faticosi. L’analisi è spesso un momento fondamentale per poter vivere al meglio il presente, per poter riflettere alla propria vita passata e lasciare aperta una buona e serena prospettiva verso il futuro che sarà in modo naturale ma difficile da accettare e comprendere fino in fondo, più breve della vita già trascorsa.

In questo periodo di Covid-19, gli anziani ne hanno risentito per motivi evidenti, chiedono spesso di poter iniziare un’analisi spesso da remoto, via Skype o WhatsApp, per non rischiare di esporsi al contagio per poi continuare “in persona” cioè nello studio dello psicoanalista, quando le condizioni esterne lo permettono, com’è accaduto dopo il primo lockdown.

Negli anziani l’analisi può essere associata ai farmaci, tradizionali e complementari, seguendo dei protocolli specifici e personalizzati poiché il metabolismo cambia con l’età e perché spesso sono in trattamento continuativo anche con altri farmaci (antipertensivi, farmaci per cuore, prostata, diabete, colesterolo, patologie neoplastiche etc.). Ad ogni modo i risultati sono buoni e anche il miglioramento della qualità della vita.

Che cosa provoca le “sindromi carenziali” da depressione?

La depressione che ha sempre un’origine mentale, a causa della disorganizzazione emotiva e dell’interferenza che questa porta a livello intellettivo, razionale, organizzativo e cognitivo, può portare ad una vita disordinata, più disorganizzata, che “rallenta” o si ferma: Anche lo stile di vita ne risente, non sono più rispettate buone regole alimentari, il fare un po’ di movimento, evitare di fumare e bere alcolici, non per “pigrizia” ma per mancanza di forza psichica che ha proprio un nome scientifico: “anergia”. Quando una persona ha un episodio depressivo che se ne sia consapevoli o meno, pur volendo e di continuare a vivere come prima, “non ce la fa” con grande sgomento e dispiacere. Questo accade perché la volontà è messa fuori gioco dalla depressione. Da questa perdita di forza che si accompagna anche a stanchezza fisica (astenia) e perdita di resistenza (affaticabilità) ne deriva una progressiva rinuncia a prendersi cura di se stessi, anche dal punto di vista alimentare. La depressione inoltre, molto spesso si accompagna ad insonnia che deve sempre mettere in allarme anche se è l’unico sintomo, poiché col tempo può portare ad un “inversione del ritmo sonno-veglia”, quando cioè si “scambia il giorno per la notte” negli adolescenti e nei giovani caratterizzato dall’uso di videogiochi, “maratone” di serie TV etc., anche di notte.

Pubblicazioni internazionali hanno mostrato che negli adolescenti, i farmaci sono consigliati soltanto in situazioni particolari e in generale la risposta all’analisi è buona, anche se la durata dei trattamenti è generalmente più lunga che nei bambini.

Secondo Lei qual è la cosa più importante da fare in caso di depressione da Covid-19?

Direi che le cose importanti sono almeno due: 1. chiedere aiuto senza timore razzo o vergogna, 2. individuare le cause. È fondamentale lavorare sulle cause che l’hanno prodotta e in caso di disturbi gravi o con familiarità, rari ma esistono, aver fatto un’analisi aiuta a riconoscere i sintomi appena si presentano, a consultare il proprio analista o psichiatra, a riprendere una “tranche” di analisi per affrontare il problema del momento e modificare o assumere di nuovo per un periodo la terapia farmacologica. È il modo migliore per prevenire ricadute, tutelare la propria salute e il proprio benessere, e prendersi cura di se stessi.

Ritiene utile l’intervento sui bambini che si trovano coinvolti nella pandemia da Covid-19?

Sì, certamente. Gli psicoanalisti infantili in perfetto accordo con i neuropsichiatri infantili affermano che fare un’analisi da piccoli a seguito di avvenimenti traumatici e l’attuale pandemia da Covid-19 lo è, costituisce una vera e propria “prevenzione primaria”, la prevenzione che agisce prima, affinché un disturbo non si manifesti. Fare un’analisi previene l’insorgenza di disagio psicologico e di disturbi psicologici perché stempera l’ansia, cura la sofferenza e permette al bambino di capire quello che gli sta succedendo sentendosi ascoltato e capito. L’analisi pone il bambino al centro dell’attenzione mentale di un adulto che lo ascolta in modo particolare cogliendo le sue emozioni, comprendendo il suo funzionamento inconsci, ponendo delle domande dirette e dandogli delle risposte, sia parlandoci apertamente che attraverso il gioco.

Poter affrontare subito le loro difficoltà, risolvere i malesseri, sciogliere le paure, dormire serenamente, non avere più incubi e risvegli notturni, enuresi o disappetenza, mette i bambini in condizione di crescere più sereni, più forti, più intraprendenti e più felici.