Naima è l’EP di debutto dell’omonimo duo, l’intervista

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naima

“Questo EP è la nostra prima uscita discografica inedita e vuole rappresentare un paesaggio sonoro vasto, che possa contenere in sé le moltitudini che verranno”

Fuori l’EP di debutto di naima. duo lombardo formato da Lorenzo Rocca e Nader Ismail. La musica che prende vita all’interno del disco omonimo, pur avendo forti radici nel cantautorato italiano, si dirama abbracciando influenze diversissime, dal jazz all’indie, passando per l’elettronica, la dance e il pop.

Il duo ci ha gentilmente rilasciato un’intervista.

naima è il vostro EP di debutto, di che cosa si tratta?

Naima è il titolo della nostra prima uscita discografica, un EP di 5 brani (e mezzo) che vuole essere una fotografia dello stato emotivo di un periodo ben preciso – quell’anno circa in cui le canzoni sono state scritte. Era la fine dell’università, l’ingresso nel mondo del lavoro, insomma un periodo di grande confusione e la sensazione di essere perso nel mondo.

Che cosa volete trasmettere con questo lavoro?

Scrivere e registrare questo album è stato un po’ uno sfogo, un tentativo di dare chiarezza a tutte quelle emozioni contrastanti. In effetti, ascoltandolo a lavoro finito, ci siamo resi conto di quanto ogni canzone suoni diversa dall’altra, come se ognuna fosse un colore differente. Queste contraddizioni nel paesaggio sonoro abbiamo scelto di abbracciarle proprio perché rappresentano il caos che due venticinquenni portano dentro.

In questo EP ci sono diverse influenze, che tocco danno ai brani?

Quando si è all’inizio di un percorso artistico bisogna sempre aggrapparsi a una manciata di artisti che in qualche modo scolpiscono il sound che si vuole creare, immagino. In effetti mentre arrangiavamo e producevamo i pezzi giocavamo a un gioco di rimandi e citazioni. Quando poi abbiamo avuto modo di guardare il disco da fuori, però, abbiamo visto che in realtà le varie influenze si sono amalgamate in maniera equilibrata con le nostre sonorità e il nostro gusto, e alla fine il risultato è un qualcosa di personale che sentiamo che parla di noi. Entrambi amiamo profondamente tanti generi diversi tra loro, ci emozioniamo molto quando la musica, di qualsiasi tipo, riesce a comunicare qualcosa, o trasportarti in un altro luogo. Che sia Jon Hopkins, Bill Evans, James Blake o i Radiohead. Le canzoni le scriviamo sempre alla chitarra o al pianoforte, quindi escono necessariamente molto cantautorali. Il vestito che diamo a ciascun pezzo poi probabilmente varia in base agli ultimi ascolti, ma quando si è trattato di pubblicare il lavoro abbiamo dato un occhio al quadro generale, che il disco insomma fosse coerente.

Come nasce il vostro progetto musicale?

Scherziamo sempre sul fatto che Naima sia nato durante un viaggio per Lione mal organizzato, e in effetti è stato quello che è successo. Vero è, comunque, che io e Nader ci siamo conosciuti all’università e abbiamo fondato un gruppo in cui abbiamo riversato tutte le nostre speranze e il nostro impegno. Quel gruppo alla fine si è sciolto per dissidi con altri componenti, ma con Nader era rimasto una sorta di conto in sospeso sul conquistare il mondo con la nostra musica. Quindi l’idea di suonare insieme nasce tanti anni fa, mentre studiavamo letteratura francese. A lione, anni dopo, ci siamo andati con una chitarra e un ukulele, e sono nate le prime canzoni che ci hanno convinto che era arrivato il momento di riprovarci. Così ha inizio Naima.