“Rhythm Is Our Business” secondo disco di The Jazz Russell

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Il disco si apre con Adriano, brano originale scritto da Filippo Delogu, un sentito omaggio ad un comune amico musicista scomparso prematuramente

Il jazz della tradizione che si fonde con un sound moderno e originale. Questa l’essenza di Rhythm Is Our Business, secondo disco del progetto The Jazz Russell che esce il 27 maggio 2022 per l’etichetta Filibusta Records. La formazione, nata da un’idea del chitarrista Filippo A. Delogu, è composta da Andrea Nuzzo all’organo Hammond, Alfredo Romeo alla batteria e Light Palone al contrabbasso, e affronta il repertorio del jazz classico suonato con un approccio moderno e originale. I musicisti hanno tutti militato in sezioni ritmiche appartenenti a rinomate band legate alla scena Italiana del jazz tradizionale e ora hanno dato vita ad una formazione di sola ritmica. In questo modo i Jazz Russell cercano, “come uno Spartaco che si ribella… ai solisti” (cit.), una voce musicale originale con l’apporto di tutti gli strumenti e senza un frontman unico: nessun musicista al centro e tutti centrali contemporaneamente, con l’interplay che sostituisce sempre l’estro del singolo. Il repertorio è composto da musiche originali, standards jazz famosi, brani meno frequentati e tempi insoliti, passando con disinvoltura da Horace Silver alla canzone Italiana degli anni ’30, dai brani tradizionali di New Orleans ai temi dal sapore sudamericano. Un repertorio volutamente eterogeneo, senza soluzione di continuità, privo di velleità filologiche o desiderio di coerenza, e che cerca uno spazio di libertà nella tradizione.

Di seguito l’intervista.

“Rhythm Is Our Business” è il tuo secondo disco, di che cosa si tratta?

E’ uno sforzo collettivo. Quando ho ideato la formazione – composta da soli musicisti di sezione ritmica, accompagnatori – ho voluto da subito che fosse un gruppo in cui tutti avessero spazio e diritto di parola sulla musica che suoniamo. Io do gli impulsi, faccio la sintesi e scelgo le cravatte, ma nel gruppo ognuno di noi rinuncia all’integrità delle proprie idee e le lascia modificare agli altri. E’ un esercizio di democrazia musicale, a volte anche faticoso, ma che dà ottimi frutti. Quanto meno per noi che suoniamo è così, e speriamo che chi ascolta gradisca la musica e il processo che c’è dietro.

Cosa vuoi trasmettere con questo brano?

Apriamo il disco con “Adriano” un mio brano originale dedicato ad un amico scomparso prematuramente, grandissimo pianista dedito alla musica di Teddy Wilson di cui era – senza alcuna esagerazione – il più grande esperto al mondo. Ci siamo conosciuti al liceo e mi ha attaccato il vizio del jazz, che non sono più riuscito a scrollarmi di dosso. E’ un piccolo ringraziamento in musica. Nella mia improvvisazione si è inconsciamente inserita una citazione di un tema di Charlie Christian, ne sono contento perché nulla poteva essere più appropriato.

Che tipo di accoglienza ti aspetti?

Il nostro obiettivo è raggiungere persone diverse, non (solo) la ristretta cerchia degli appassionati di jazz, vogliamo rivolgerci a tutti e avvicinare il più possibile gli ascoltatori alla musica che ci piace suonare. E’ vero che faremmo questo mestiere anche se ci trovassimo da soli in un’isola deserta, ma le passioni sono belle soprattutto se condivise con gli altri. Speriamo in un’accoglienza “partecipativa”, ovvero di poter interagire con le persone, spiegare cosa abbiamo pensato, come abbiamo affrontato un brano, cosa rappresenta per noi, che scelte abbiamo fatto.

Come nasce il tuo progetto musicale?

Casualmente o – meglio – inconsciamente. In anni di collaborazioni nel giro del jazz tradizionale mi sono “invaghito” di alcuni musicisti più di altri, e senza rendermene conto erano tutti musicisti di sezione ritmica. Quando ho avuto la possibilità di mettere su una formazione a mio nome pensando a chi coinvolgere ho avuto una sorta di illuminazione: niente solisti, ma un gruppo di soli accompagnatori. Ho saputo subito chi coinvolgermi per rendere anche musicalmente questo spirito di squadra, nessun musicista al centro e tutti centrali contemporaneamente. Spero che chi ascolta lo percepisca anche nella musica.