Essere Vasco Rossi

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colpa d'alfredo vasco rossi

Oggi è il compleanno di Vasco Rossi, i nostri personali auguri al rocker di Zocca che quest’oggi compie 69 anni

La magnifica ossessione di associare canzoni a un contesto preciso o a un semplice ricordo. Cercare la musica negli sguardi persi, nelle situazioni apparentemente distanti, negli squarci immensi lasciati aperti nelle strettoie dei sentimenti. Quando la psiche incontra l’istinto, quando semplici parole creano l’impossibile delineando contorni netti.

Tra la psiche e l’istinto, c’è Vasco. C’è e non si può farne a meno, come un’onda di disillusione e coraggio che travolge quella stupida ipocrisia che spesso circonda la realtà, trasformando tutto in una finzione. C’è con quelle semplici parole, senza il bisogno di scomodare il linguaggio aulico che troppo spesso traccia differenze. Vasco unisce con la sua semplicità e con quella genuinità che non hanno bisogno di filtri, caratteristiche che rendono vero tutto ciò che incontra quel filo sottile chiamato emozione.

Vasco c’è nei pomeriggi passati a imitarlo con un semplice microfono finto, una bandana e un paio di occhiali da sole. Di fronte, un pubblico maestoso di tre persone e la sensazione di essere lui per una frazione di secondo. Cerando di non tradire nessuna emozione dalle lenti blu, cercando di ricordare ogni singola parola, ogni canzone di una scaletta studiata nelle ore di asilo. E forse, il segreto è racchiuso proprio nelle mille sfumature di uno spettacolo che non ha eguali, di un concerto che avvolge anche le più distanti e sconosciute emozioni unendo personalità inimmaginabili. Come se queste fossero palloncini immagazzinati nell’Universo.

Vasco è sempre lì. Per staccare dai bisogni non urgenti, dal mutuo da pagare, dal proprietario antipatico che ogni mese viene a chiedere l’affitto di una casa spoglia e buia. Per scappare da quelle quattro mura che inghiottono, come fossero prigioni dorate. Per dimenticare una storia d’amore, per dar voce a un qualcosa che non esiste più. Sai che Vasco è lì a cantare la vita, quella vissuta sulla pelle con le cicatrici di esperienze folli e irripetibili. Vasco è in un viaggio in macchina in piena notte, mentre i lampioni disegnano oceani di ricordi, milioni di errori e miliardi di galassie. Vasco è quello spazio immenso popolato da anime ribelli e vere, dominate da angusti problemi che per una sera, o forse per una vita, potranno rinchiudersi nell’armadio del “Ci penso domani”. Come la dieta, si dai la inizio lunedì o non la inizio proprio.

Dislocato dal tempo, pilota di un’automobile impazzita e Nerone di quella candela bruciata da entrambe le parti. Ma Vasco è ancora qui, per credere e far ricredere. Per lasciarsi dominare da un pensiero spericolato, per piangere inondando i display, sabbie mobili di lacrime vere. Per trovarsi con la testa tra le mani e pensare che forse era giusto così, per lui e per noi. E ridere. Vasco è nella canzone che dedicheresti sempre a lei. E’ guardarsi indietro e pensare alle decisioni prese e a quelle non prese, agli istanti perduti e alle scelte fatte con lo stomaco. Riflettere su ciò che è stato e avere paura di quello che sarà. Ma qui c’è ancora Vasco che canta e allora tutto ha un senso, tutto fa meno paura. Tutto, a volte, scompare.

Canta mentre quei bambini con gli occhiali blu e le bandane crescono e si racconteranno ai loro figli inserendo un vecchio nastro in macchina. E i lampioni assisteranno, mentre tutto il mondo è fuori. Ma Vasco è qui, sempre qui.

Auguri Vasco.